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Michele Santoro sbaglia sulle analisi e le previsioni intorno al Governo Letta, ma Servizio Pubblico continua ad offrire uno dei rari casi italiani di pluralismo mediatico

 

 

 

 

Glielo diciamo con amicizia e stima, a Michele Santoro.
Nell’ultima puntata di Servizio Pubblico, le sue analisi sul come ci si debba comportare in Europa da un punto di vista politico-diplomatico erano drammaticamente sbagliate.
Le sue previsioni intorno al Governo Letta, altrettanto erronee e fuorvianti.
Cosa ha detto Santoro?
Interloquendo con Paolo Becchi, lo ha rimproverato di non rendersi conto che un governante come Letta, in Europa, non avrebbe potuto comportarsi diversamente da come ha fatto sin qui, inseguendo i radicalismi e gli estremismi di chi non abbia responsabilità delicate da statista.
Lo ha rampognato per avere messo in discussione la figura di Fabrizio Saccomanni, difeso da Santoro in quanto rappresentante di una “delle Istituzioni fondanti del sistema peninsulare, cioè Bankitalia”.
Sul primo punto, Becchi aveva osservato che appariva alquanto vergognoso che un premier neo-eletto di una nazione importante come l’Italia, invece di presentarsi prima in sede europea comunitaria (dinanzi alla Commissione europea o magari, ancor meglio, al cospetto del Parlamento di Bruxelles/Strasburgo) per discutere di vari temi legati alla crisi economica in corso e alle misure politiche per uscirne, non avesse trovato di meglio che affrettarsi, non appena ricevuta la fiducia nelle aule parlamentari italiane, ad andare a baciare la sacra pantofola di Frau Merkel.
Quanto a Saccomanni, opinava Becchi, come si può pensare che un banchiere – stante il fatto che l’interesse delle banche, da molti anni, pare antitetico all’interesse generale dei vari popoli- possa essere il giusto Ministro dell’Economia per rilanciare crescita e occupazione in Italia?
Come non ricordarsi, proseguiva Becchi, che, dal luglio 1981 (NDR: ad opera di quel Beniamino Andreatta che fu Para-Massone servizievole prima che lo divenisse a sua volta il suo allievo Enrico Letta), si realizzò un formale divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro (NDR: con tutte le conseguenze in termini di politica monetaria che si possono facilmente intuire) e che gli azionisti tanto di Banca d’Italia che della Banca Centrale Europea sono a loro volta banche private?
Ora, Becchi non sempre appare preciso e lucido come converrebbe a chi voglia discutere in pubblico di argomenti di simile portata, ma non abbiamo ben capito il fondamento delle posizioni profondamente infastidite di Santoro nell’ascoltare il filosofo del diritto genovese.
Costui, intellettuale più o meno vicino al M5S di Grillo e Casaleggio, ha senz’altro peccato di approssimazione demagogica nel non ritenere Saccomanni adatto al Dicastero di Via XX settembre solo in quanto “banchiere”.
Ci sono banchieri e banchieri, infatti, e il problema di Saccomanni non è quello di appartenere ad una simile categoria professionale (che conta, al suo interno, individui con impostazioni teoriche, condotte pratiche e visioni del mondo complessive molto diverse tra loro), quanto il fatto di avere, come “banchiere centrale”, determinare idee in fatto di politica economica.
Quali idee?
Suggeriamo a Santoro di leggersi, in proposito:

“L’economia pre-keynesiana del ministro Saccomanni”, articolo redazionale del 29 aprile 2013 per KEYNES BLOG (clicca per leggere)

Il Massone di rito draghiano Fabrizio Saccomanni conferma subito le previsioni di Grande Oriente Democratico sul tipo di politiche economiche del Governo Letta (clicca per leggere).

Inoltre, pur essendo vero che l’azionariato di Bankitalia e della BCE è formato da banche private, è anche vero che il funzionamento dei suddetti istituti bancari centrali è regolato da normative di diritto pubblico, elemento che ridimensiona alquanto la portata delle affermazioni di Becchi e di altri riguardo la natura “privata” di queste supreme istituzioni finanziarie.
Allora, se è vero che Santoro aveva il diritto-dovere di contestare a Becchi una certa forma di “pseudo-razzismo professionale” nei confronti della categoria dei banchieri e anche una certa approssimazione nel descrivere il carattere “privato” di Bankitalia e BCE (ma non l’ha fatto), è altrettanto indubitabile che non basta, come ha fatto il conduttore di Servizio Pubblico, invocare la presunta “sacralità” dell’Istituto di Via Nazionale per rendere ipso facto illegittima qualsivoglia critica (anche dura) sulla scelta di Saccomanni come ministro.
Per quel che concerne il tour europeo di Letta, Santoro a un certo punto ha fatto anche un accorato monologo in cui credeva di dover spiegare che, in caso di posizioni più dure e combattive di Letta sul fronte anti-austerity, i mercati si sarebbero scatenati, gli altri partner europei non ci avrebbero compresi, lo spread si sarebbe re-innalzato, la catastrofe sarebbe stata alle porte…
Francamente non capiamo.
Un simile stile argomentativo pare più appropriato ad un Mario Monti o ad un Pierferdinando Casini qualsiasi che non al brillante conduttore televisivo di tante trasmissioni ormai leggendarie (da Samarcanda ad Annozero, passando per tutte le altre).
In realtà, quello che servirebbe, proprio in Europa (e non si comprende come Santoro faccia fatica a comprenderlo), è un atteggiamento risoluto e pronto al “braccio di ferro”, se si vuole davvero cambiare il paradigma politico-economico vigente.
L’Europa, senza l’Italia non potrebbe esistere.
L’eurozona, senza l’Italia non potrebbe esistere.
Dunque, un atteggiamento fieramente combattivo del governo italiano (che gli darebbe centralità politica internazionale, in sostituzione della marginalità compiacente cui l’hanno consegnata gli esecutivi degli ultimi anni) peserebbe eccome nel contesto europeo.
Se si vuole un’altra Europa, bisogna sedersi al tavolo delle trattative e dire: “a noi questa Europa governata tecnocraticamente e impostata sul paradigma dell’Austerità non va bene”.
Se si vuole un’altra Europa, dove sia il popolo ad essere sovrano (e non gli eurotecnocrati che nessuno ha eletto) e dove questa sovranità sia debitamente rappresentata nel Parlamento europeo, alla cui fiducia e sfiducia assembleare sia vincolata la durata in carica del potere esecutivo europeo (la Commissione europea), e al cui controllo sia sottoposta anche l’azione della BCE (facendo l’inverso di quello che fece Andreatta per i rapporti tra Bankitalia e Ministero del Tesoro, e cioè subordinando l’azione della Banca Centrale Europa al potere politico democratico), allora bisognerà “essere molto duri e pronti al peggio nelle trattative”, perché esistono forze formidabili che si opporranno a qualsivoglia trasformazione in senso democratico delle Istituzioni UE.
Oppure Santoro crede che il quadro istituzionale europeo possa cambiare senza una durissima trattativa fra difensori di idee e progetti diametralmente opposti?
Forse Santoro pensa che, a forza di sorrisi e atti di deferenza verso la strategia della Germania e dei suoi satelliti – praticati prima da Monti e poi da Letta- davvero cambierà qualcosa nel Vecchio Continente?
Se davvero la pensa così, Santoro sbaglia. E sbaglia clamorosamente.
Così come ha sbagliato, allorché, in uno schietto botta e risposta con Marco Travaglio, il quale sottolineava (molto opportunamente) come non vi fosse soluzione di continuità alcuna tra la maggioranza politica che sosteneva Monti (PD+PDL+centristi) e quella che sostiene Letta Junior (PD+PDL+ centristi), ha preteso di sostenere che il Governo Letta “nasce programmaticamente con obiettivi molto diversi da quelli di Monti & Company”.
Santoro intendeva forse dire che questo di Letta Junior è un governo che mette al primo posto “il lavoro e la crescita”?
Bene. Ma assai efficacemente, Travaglio ha risposto a Santoro che, a chiacchiere, anche il Governo Monti metteva in grande risalto “la crescita e il lavoro”.
A chiacchiere, si può immaginare e prospettare qualsiasi scenario.
Si ricorda, Santoro, del “Decreto Sviluppo Crescitalia”?
Licenziato dall’esecutivo montiano, secondo i suoi estensori esso avrebbe dovuto rilanciare con grande efficacia la crescita economica complessiva della Penisola, almeno quanto la Legge Fornero avrebbe dovuto creare le condizioni per massicce dosi di investimento privato e nuove assunzioni.
Le odierne chiacchiere di Letta “sul lavoro e sulla crescita”, caro Santoro – e facciamo questa previsione oggi, quando tu stesso e molti altri vi illudete del contrario – non produrranno affatto gli effetti sperati.
Questo perché, caro Santoro, il Governo Letta/Semel è niente altro che la dissimulazione neanche troppo occulta di un sostanziale esecutivo Monti/Bis, al netto di qualche pannicello caldo come la soppressione o riduzione dell’IMU, la risoluzione del problema (scandaloso) degli esodati e l’azzeccata nomina di Emma Bonino agli Esteri e Cécile Kyenge all’Integrazione.
In proposito, caro Santoro, ti consigliamo la lettura attenta di

Il para-massonico governo del Para-Massone Enrico Letta si configura come un Monti-bis con qualche foglia di fico, segnato dalla pesante tutela tecnocratica e anti-crescita del Massone Mario Draghi, esercitata per mezzo del suo fido scudiero, il Massone Fabrizio Saccomanni, nominato Ministro dell'Economia in barba ai desiderata del Massone Berlusconi (clicca per leggere).

Invece, per mettere meglio a fuoco il fatto che serve un radicale cambio di paradigma politico-economico rispetto a quello predominante, in Italia e in Europa, presso la maggior parte della classe politica di ogni latitudine, consigliamo la lettura di

DRP e GOD denunciano la morte in Europa dei valori che dovrebbero ispirare periodicamente la Festa del 1°maggio (clicca per leggere).

Tutto ciò premesso, riconosciamo – e non è poco – che, seppure riteniamo contestabili e ingenue le (comunque legittime, ci mancherebbe) prese di posizione di Santoro in polemica con Becchi e a proposito di Saccomanni e Letta, il conduttore di Servizio Pubblico ha avuto per l’ennesima volta la rara capacità ed equanimità di offrire, con la sua trasmissione, un prezioso esempio di pluralismo mediatico.
I telespettatori de La7 sintonizzati su Servizio Pubblico, infatti, hanno potuto ascoltare non solo il personale parere di Michele Santoro, ma anche e soprattutto quello di Paolo Becchi e/o quello di Marco Travaglio, che erano in modi diversi in disaccordo con il conduttore.
Ecco perché ci è parsa francamente ingenerosa e alquanto capziosa la lamentela postuma dello stesso Becchi rispetto a “presunte trappole mediatiche” in cui è meglio non cadere, lasciandosi intervistare dai vari talk-show o durante trasmissioni radio-televisive di punta.
Certo, Becchi non può neanche pretendere – come il suo vate Beppe Grillo – di parlare senza contraddittorio e senza consentire che il conduttore o altri interlocutori esprimano idee e convinzioni diverse dalle sue.
In conclusione, ci è parso che Servizio Pubblico abbia assolto degnamente al suo ruolo anche nella puntata di giovedì 2 maggio 2013, offrendo un’adeguata platea tanto alle idee di Paolo Becchi, quanto a quelle di Santoro, Travaglio, Sallusti, Cofferati, etc.: ciascuna posizione era differente dalle altre, ma ognuna è stata libera di esprimersi e farsi conoscere dalla pubblica opinione.

 

I FRATELLI DI GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO (www.grandeoriente-democratico.com)

[ Articolo del 1-7 maggio 2013 ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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