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Editoriale del 19 aprile 2010
di Gioele Magaldi
“1861-2011. 150 anni di Unità nazionale e l’ ‘assenza ingiustificata’ del Grande Oriente d’Italia nell’attuale dibattito civile e istituzionale”

 

 

Non me ne vogliano i cari Fratelli delle altre Comunioni libero-muratorie ma, in Italia, quando si parla di Massoneria, ci si riferisce soprattutto al Grande Oriente d’Italia (G.O.I.) di Palazzo Giustiniani, sin dalle origini la più importante ‘Obbedienza’ latomistica, sia per numero di aderenti che per presenza capillare nelle regioni e nelle province della penisola.
Se il 18 febbraio 1861 si riunì il primo parlamento dello Stato Unitario e se è indubitabile l’apporto dato da diversi “gruppi” massonici all’epopea risorgimentale, è altrettanto evidente che, a partire dalla ‘trasformazione’ della “cavouriana” Loggia Ausonia all’Or. di Torino in “Grande Oriente Italiano” (20 dicembre 1859), non solo si rinsaldava il legame ideale e storico con il Grande Oriente d’Italia fondato il 20 giugno 1805 su ‘stimolo’di Napoleone Bonaparte, ma si dava avvio alla “fase d’oro” della Massoneria italiana: quella che si concluderà anche formalmente il 26 novembre 1925.
In quel giorno, infatti, venne pubblicata la cosiddetta legge “sulle organizzazioni” ( legge n.2029, meglio nota come legge “contro la massoneria”), la prima di quelle “leggi fascistissime” che distrussero l’impianto liberale dello stato e rispetto alle quali (quasi del tutto solitari e inascoltati) levarono in parlamento la propria coraggiosa protesta sia Benedetto Croce che Antonio Gramsci.
Preceduta da durissime violenze squadristiche contro varie sedi massoniche e singoli liberi muratori, quella legge fu promulgata lo stesso anno in cui vi fu la ‘sospensione’ de La stampa, la soppressione della Rivoluzione liberale di Piero Gobetti e la ‘defenestrazione’ dal Corriere della Sera del leggendario direttore Luigi Albertini, colpevole, tra le altre cose, di aver firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti  redatto da Benedetto Croce.
Se si pensa alla tragica fine e/o all’esilio e alla clandestinità che a partire da quegli anni colpì molti massoni del Grande Oriente d’Italia –e pur riconoscendo che vi furono (sedicenti) massoni appartenenti ad organizzazioni minoritarie che invece in qualche modo affiancarono il regime o ex-massoni opportunisti confluiti nel Pnf- desta qualche sconcerto la confusione e la superficialità con cui talora si allude in Italia alla Libera Muratoria.
Occorre sottolinearlo: c’è Massoneria e massoneria e ci sono Massoni e massoni…
Il G.O.I. non è la sola Comunione libero-muratoria che possa rivendicare un patrimonio ideale ispirato ai valori illuministici e neo-illuministici di libertà e democrazia, ma in Italia, certamente, essa ha saputo farlo con più rigore e coerenza di altre obbedienze (certo palesemente illiberale fu l’esperienza della Gran Loggia d’Italia sotto il maglietto del ‘fascisteggiante’ Raoul Palermi e destano molte preoccupazioni e perplessità le meditazioni/dichiarazioni anti-illuministe dell’attuale Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia, Fr. Fabio Venzi).
Soprattutto negli anni che vanno da 1861 fino alla Prima Guerra Mondiale, comunque, i Massoni del Grande Oriente d’Italia (pur divisi legittimamente in “correnti”, qualcuna più “progressista” e qualche altra più “moderata”) seppero rappresentare, nella società civile, un formidabile punto di riferimento per le giovani istituzioni statali italiane.
Un punto di riferimento in termini di laicità dello Stato, in termini di conservazione e ampliamento delle garanzie tipiche di uno “stato di diritto”, di consolidamento della prassi parlamentare (contro ogni tendenza autoritaria), di allargamento del suffragio fino a poterlo rendere universale, di attenzione e tutela rispetto alle neonate istanze sociali di massa; rispetto al diritto di associazione per le categorie di lavoratori meno garantite e rispetto alla necessità di un’opera di pedagogia civile e culturale laica e pluralista che potesse, progressivamente, estendersi a tutti i cittadini della giovane nazione.
Senza contare che fu la stessa Massoneria del G.O.I. (in larga parte composta di liberali monarchici o repubblicani, di radicali e democratici di estrazione borghese) ad impegnarsi anche duramente-rispetto ad opposte spinte conservatrici e reazionarie- per garantire il diritto di esistenza e di libertà di azione politica per i movimenti socialisti e sindacalisti, allora nella prima fase della loro storia nazionale.
Poi venne l’eclissi del ventennio fascista.
Venne la spartizione di ogni possibile operazione pedagogica e culturale verso le giovani generazioni in particolare e verso la società in generale, fra Azione Cattolica e ‘Misticismo’ Fascista, all’ombra di quei Patti Lateranensi siglati l’11 febbraio del 1929 e (incredibilmente) integrati nella nuova Costituzione repubblicana  ancora nel 1947, su esplicita richiesta della Segreteria di Stato Vaticana, sotto la pressione della Democrazia Cristiana e con il consenso del Partito Comunista.
Attraverso il Concordato con quella Chiesa Cattolica che aveva duramente avversato l’Unità d’Italia, che aveva (con il Papa Pio IX e anche con i suoi successori) duramente condannato i principi “della libertà religiosa, della libertà di coscienza, della libertà di pensiero, della modernità in generale e della democrazia, del liberalismo e del socialismo in particolare” (vedi l’enciclica Quanta Cura e il cosiddetto Sillabo, entrambi del 1864 e anche non poche encicliche degli anni successivi), si compiva una perfetta transizione da uno Stato liberal-democratico laico e pluralista (di ispirazione massonica) a un Regime dispotico e semi-confessionale (di ispirazione fascista e clericale).
Nel primo dopoguerra, d’altronde, caduti fascismo e monarchia, in una iniziale fase, specie gli americani (non pochi dei quali, Presidente Usa in testa, erano massoni) avevano sperato di poter trovare nei liberi muratori italiani degli interlocutori privilegiati per una ricostruzione civile della nazione italiana nuovamente ispirata a quei principi laici, liberali e democratici tipici della Weltanshauung  latomistica.
Purtroppo, i tanti “machiavellismi” dettati dall’incipiente “Guerra Fredda” e anche una certa insipienza (e divisione intestina) sia delle forze politiche italiane “liberal-socialiste” e democratiche sia della Massoneria internazionale, lasciarono che L’Italia repubblicana e post-fascista integrasse nella propria Costituzione quegli scandalosi Patti Lateranensi che la confermavano come Stato semi-confessionale.
Dovranno passare circa vent’anni perché il Parlamento italiano iniziasse a reclamare l’apertura di nuovi negoziati con il Vaticano (1965) e altri venti (1984) perché si addivenisse a un Nuovo Concordato che, seppur mirante ad accordare i principi della democrazia con le richieste curiali, non può certo essere definito un capolavoro di integrazione armoniosa ed equilibrata tra le “parti”, secondo quel principio caro a Camillo Benso, Conte di Cavour, per cui si auspicava “Una Libera Chiesa in un Libero Stato”.
Ciò, con buona pace di tutti quei cittadini agnostici, non-credenti, credenti di altre fedi, ma anche e soprattutto cristiani e cattolici autenticamente “laici e liberali” (e questi ultimi sono tanti, più di quanto non si creda) che non smettono di auspicare una nuova stagione dei rapporti tra Stato italiano e Chiesa Cattolica, all’insegna di modalità costituzionali non più nemmeno parzialmente “confessionali”; per il bene dell’una e dell’altra Istituzione.
Ciò, con buona pace dei massoni del Grande Oriente d’Italia, i quali, dal Dopoguerra in avanti, non sono mai riusciti (e Dio solo sa se il Paese ne avrebbe avuto e ne abbia tuttora bisogno) a ri-diventare, alla luce del sole e con metodi palesi e democratici , quel punto di riferimento civile e culturale per la società italiana che i loro Fratelli ‘maggiori’ erano stati nell’Italia post-unitaria.
In effetti, dopo una certa “modernizzazione e laicizzazione” di costumi, leggi e modi di pensare e vivere (grazie alla salutare lezione del ’68, su cui troppi neo-tradizionalisti hanno preso il vezzo di scaricare insulti e semplicistiche demonizzazioni ex-post ) che si impose anche in Italia dagli anni settanta ai novanta (e in cui la Massoneria italiana occupò un cauto posto da comprimaria, non certo da protagonista, purtroppo), il nostro Paese, negli ultimissimi anni, sembra essere regredito su un crinale di neo-confessionalismo e pseudo-integralismo tradizionalista.
Il fatto è che, invece di combattere delle battaglie civili e culturali vigorose in promozione di una società sempre più laica, pluralista, democratica e libertaria, vivificata dalle peculiari (e anti-conformiste) istanze spirituali e filosofiche tipiche del milieu latomistico (ad emulazione di ciò che fecero, in situazioni e contesti ben più difficili, complessi e ‘antiquati’, i liberi muratori dei secoli XVIII, XIX e inizio XX) i massoni italiani, nel Secondo Dopoguerra, si “rintanarono”-salvo alcune felici e significative eccezioni- o in una “catacombale” gestione di presunti segreti iniziatici incomunicabili al mondo ‘profano’; oppure in poco commendevoli gestioni occulte di potere, affari e relazioni, nell’interesse di pochi e spesso in spregio delle regole della convivenza democratica.
E di qui che si origina la famigerata questione della Loggia P2 di Licio Gelli.
L’attuale Gran Maestro del G.O.I., Fr. Gustavo Raffi, continua imperturbato a ripetere a studiosi e giornalisti che: “La Loggia P2 sta al Grande Oriente d’Italia come le Brigate Rosse stanno al Partito Comunista italiano”.
Non sono un esperto dei rapporti tra il P.C.I. e il terrorismo rosso, ma posso con una certa cautela concedere che quel Partito, attraverso la gran parte dei suoi dirigenti e militanti, si adoperò con rigore ed energia nella difesa delle Istituzioni democratiche, in uno dei momenti più bui della storia repubblicana.
Di tutt’altro segno la questione della P2 rispetto al G.O.I. e il Fratello Gustavo Raffi lo sa benissimo.
Prima che scoppiasse lo “scandalo” pubblico (quanto esso sia stato poi gonfiato ed esagerato è un altro conto e del resto esistono sentenze che ridimensionano la portata dell’intera faccenda) in seguito ad alcune indagini della Magistratura, ben poche furono le voci che osarono, dall’interno del Grande Oriente d’Italia, denunciare le procedure poco chiare e di dubbia trasparenza con cui la Loggia P2 operava, in armoniosa e pacifica ‘concertazione’ con le Giunte e i Gran Maestri di turno.
E quei pochi che osarono “denunciare”, furono progressivamente intimiditi, emarginati e messi a tacere.
Che fa il Fratello Gustavo, fa finta di non sapere cose che sono ampiamente note, documentate e documentabili presso chiunque abbia una seppur vaga nozione di come funzionava (e funziona) la struttura del G.O.I.?
Tuttavia, se il Fratello Raffi ha un momento di confusione e amnesia su queste “materie”, potranno venirgli in soccorso, con la propria diretta memoria storica, alcuni Fratelli che all’epoca ebbero rapporti significativi di contiguità con la Loggia P2, Fratelli che il Gran Maestro Raffi ha voluto accanto a sé come rilevanti collaboratori e che sono stati insigniti di importanti onorificenze interne.
Per cui, l’attuale Grande Oriente d’Italia vive in se stesso uno strano paradosso: da un lato c’è un Gran Maestro che va a discettare in giro (presso gli ignari giornalisti che lo intervistano) sull’assoluta inassimilabilità dell’esperienza della P2 rispetto alla storia recente del G.O.I (cosa falsa, sul piano storico-documentario) e dall’altro lo stesso Gran Maestro si tiene ben stretti, come collaboratori di fiducia, massoni che ebbero significative contiguità con quella Loggia di Propaganda finita nel mirino della giustizia inquirente.
Ma il paradosso è duplice.
Da un lato c’è un Gran Maestro che organizza Grandi Logge (riunioni massoniche annuali) aperte “al pubblico”, che organizza dibattiti e convegni sull’impegno civile democratico, liberale, laico, pluralista e “dialogico” che Egli intenderebbe promuovere nella società italiana attraverso la Comunione massonica di Palazzo Giustiniani; dall’altro c’è il Gustavo Raffi che, con il conforto del Gran Segretario Giuseppe Abramo e di altri Dignitari, soffoca, reprime e censura duramente anche il più minimo dissenso interno; perseguitando le voci critiche rispetto al suo “regime” con metodi da Nuova Inquisizione e tentando persino di impedire (cosa questa davvero clamorosa) il legittimo ricorso, di chi si senta leso nei suoi diritti di cittadino e associato, alla Magistratura dello Stato democratico italiano.
Su questo paradosso di Gustavo Raffi /Mr.Hide rimando il lettore ai vari testi e documenti contenuti nel sito “Grande Oriente Democratico” (www.grandeoriente-democratico.com): essi sono chiarissimi e finemente esplicativi.
Non basta. E il paradosso si fa triplice.
Lo stesso Gran Maestro Gustavo Raffi che asserisce, dopo 11 anni di ininterrotto governo del G.O.I., di essere stato il Latore di una felice “Primavera Massonica”, tutta tesa ad ‘estrovertire’ il patrimonio ideale e filosofico della Libera Muratoria Universale nel complesso agone della società italiana, si è accorto che in questi anni in cui reggeva il Supremo Maglietto di Palazzo Giustiniani, tale società ha visto piuttosto il prevalere di forze anti-unitarie, pseudo-razziste, anti-risorgimentali, clericali, pseudo-integraliste e tradizionaliste?
Il caro Fr. Raffi, mentre pomposamente (e assai velleitariamente) tuonava-fra una buona mangiata e un bicchiere di lambrusco- in difesa della libertà di ricerca scientifica, della salvaguardia della scuola pubblica, della tutela dei diritti individuali, della laicità delle Istituzioni, si è accorto che la direzione presa dall’Italia (sia a livello legislativo che sociale e culturale) era tutt’altra? Con quali iniziative concrete e per mezzo di quali strumenti Gustavo Raffi ha dato seguito alle sue magniloquenti esternazioni?
Non ci pare di ricordare nulla che valga la pena di essere menzionato.
E allora compare il fantasma di un quarto paradosso.
Poiché la Massoneria del Grande Oriente d’Italia vanta più di 20.000 aderenti, spesso ‘notabili’ o comunque persone di un certo ‘peso sociale’, capillarmente presenti in tutte le province e regioni italiane, possibile che un tale ‘esercito’ di liberi pensatori non riesca ad incidere significativamente sulla cultura e sulla società nazionale?
Non c’è coordinamento? Il Grande Timoniere è inetto? Oppure è distratto da altri interessi, più personalistici e che si tutelano meglio (per sé, per gli amici e per gli amici degli amici) evitando lo scontro concreto su grandi temi di rilevanza civile e perseguendo piuttosto intese sotterranee con i finti antagonisti , secondo lo stile reso tristemente famoso dalla Loggia di Propaganda 2?
Pur avendo ormai molte riserve sul Fratello Raffi, mi ostino a rifiutare di credere una cosa  del genere, che pure altri Fratelli cominciano a sospettare.
Personalmente, in linea con quanto precedentemente espresso in altre occasioni, ritengo piuttosto che, alla vigilia del 150° anniversario dello Stato Italiano (in gran parte costruito grazie al sacrificio e alla dedizione di tanti massoni, coinvolti prima nelle lotte risorgimentali e poi nel processo di Nation Building)  il Grande Oriente d’Italia nella versione targata Raffi debba piuttosto onestamente riconoscere la sproporzione fra una Retorica garrula e velleitaria e le realizzazioni effettivamente conseguite.
E a questo punto mi si consenta una metafora ‘automobilistica’: l’attuale Massoneria di Palazzo Giustiniani ha le potenzialità di una Ferrari. Ma è come se fosse stata messa in mano a un gruppo di adolescenti che fantasticano di avere già la patente e ne menano un vanto rumoroso nel vicinato, mentre in realtà non hanno mai saputo guidare e la macchina, pur bellissima e potente, rimane ferma in garage.
Sul fatto ‘tragico’ della ingannevole Retorica raffiana, rimando al link del sito Grande Oriente Democratico denominato Retorica e realtà della Primavera Massonica ‘targata Raffi’.

Gioele Magaldi

 

 

 

 

 

 

 

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