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Gioele Magaldi e Rodion: scambio epistolare a proposito del Socialismo Liberale. Parte 3: il contributo di Luigi Corvaglia

 

 

 

 

In continuità e ad integrazione di quanto contenuto in

Gioele Magaldi e Rodion: scambio epistolare a proposito del Socialismo Liberale (clicca per leggere)

Gioele Magaldi e Rodion: scambio epistolare a proposito del Socialismo Liberale. Parte 2 (clicca per leggere),

pubblichiamo integralmente il testo di una epistola di Luigi Corvaglia, redatta proprio per apportare un interessante contributo allo scambio di idee sul socialismo liberale, il federalismo, il liberismo e la democrazia, etc; scambio di idee e dunque confronto ideologico finora intercorso tra l’enigmatico “Rodion” (top commentatore e collaboratore esterno del Blog www.ilmoralista.it che non ha mai voluto svelare la sua precisa identità)  e il nostro Gran Maestro Gioele Magaldi, che della limpidezza e solarità delle sue posizioni di interesse collettivo fa esplicito vanto.
Così scriveva Luigi Corvaglia in data 28 giugno 2014, rivolgendosi sia al Fratello Magaldi che a Rodion:

 

“Cari Gioele e Rodion,
mi permetto di intervenire nel vostro interessante dibattito perché tocca temi che mi sono cari da sempre.
Premetto che non sono un professionista della politica né delle professioni economiche. Devo però dire che nella mia esperienza di dilettante della filosofia e dell'economia politica non ho trovato elementi che mi facciano propendere per la veridicità dell'equazione, espressa da Rodion, secondo la quale “federalismo=liberismo” , almeno non secondo le comuni connotazioni dei lemma “federalismo” e “liberismo”. Come la speculare equazione “centralismo=socialismo”, spesso proposta dagli esponenti di un certo sedicente giornalismo padano, l'affermazione può essere vera o falsa a seconda della connotazione data ai termini.
Personalmente ritengo impossibile immaginare una società decentemente libera che escluda il federalismo, sia all'interno degli attuali stati nazionali che fra stati confederati. Cionondimeno, Frantz, Pisacane, Proudhon, Cattaneo, Ferrari, Rossi, Spinelli declinano il concetto con accenti diversi. Laddove il federalismo di Frantz è legato alla nostalgia per certi aspetti delle società prenazionali e, se vogliamo, feudali, il federalismo politico di Proudhon è teso ad una realizzazione integrale del principio della sovranità popolare proclamato dalla rivoluzione francese. Tale spettro si può proiettare anche sulle vaste confederazioni che sono l'argomento del dibattito. In altri termini, non sempre il federalismo è garanzia di libertà - la retorica localista negli States insegna che le comunità preferiscono spesso leggi statali illiberali a leggi federali libertarie - , ma sempre la libertà necessita del federalismo. Ma, si diceva, ciò comporta la necessità del “liberismo”. Intendiamoci: se per liberismo si intende la acquisita accezione che descrive quel turbo-capitalismo neo-schiavista che, innervato e protetto da stati e potentati transnazionali, ha l'ardire di farsi passare per “libero scambio”, assolutamente no. Anzi. Nè vedo la relazione fra federalismo e gold standard o politiche economiche per le quali si suole imputare la responsabilità ai biechi esponenti della scuola austriaca. Anche qui farei attenzione a non buttare l'acqua sporca col bambino. Nella contrapposizione netta fra i “buoni” (Keynes ed epigoni) e cattivi (Hayek, Von Mises, Friedman) si rischia di dimenticare alcune ingenuità dei primi e che l' “individualismo metodologico” degli secondi è ormai considerato “banalmente vero” anche dai “marxisti analitici” (no bullshit marxism) come John Elster. Così, se, invece, diciamo che il federalismo è complemento del “liberalismo”, inteso come idea politica che necessita anche del libero scambio, non solo l'equazione cambierà totalmente senso, ma essa troverà il suo razionale anche nelle argomentazioni del conservatore Von Hayek sull'intelligenza distribuita e l'ordine spontaneo, oltre che sulla valutazione dell'anarchico Rocker per cui “molte strade portano alla dittatura dalla democrazia, nessuna dal liberalismo”. Forse per mia ignoranza, non colgo alcuna connessione necessitante fra alcune sensate argomentazioni marginaliste e i temi come la politica monetaria che tanto stanno a cuore ai critici dell'Europa As We Know It. Per finire, siamo abituati a immaginare il socialismo come antitesi del liberalismo. Nella filosofia politica contemporanea, i due poli al riguardo sono rappresentati da John Rawls e Robert Nozick. Il primo affida allo Stato compiti di benessere sociale, il secondo affida allo Stato compiti di garanzia della proprietà, e quindi della libertà individuale, secondo lo schema libertarian, secondo il quale proprietà e libertà si identificano. E' possibile una “quadratura del cerchio”? Forse, magari recuperando la tradizione mutualista di Proudhon, debitamente rivisitata alla luce della modernità. E’ probabilmente con Francesco Saverio Merlino, prima anarchico, poi fra i fondatori del Partito Socialista Italiano, che riappare in modo realmente non equivoco la congiunzione proudhoniana di socialismo e mercato. Egli scrive: “Il socialismo sta nell’equità dei rapporti, nell’abolizione dell’usura, dei monopoli, delle speculazioni, delle frodi, [ma] non nell’interdizione di ogni concorrenza”. Il socialismo, in pratica, è la condizione di eguaglianza nell’accesso al credito ed ai mezzi di produzione senza che la casta politica dei “capitalisti” impedisca la libera concorrenza e produca monopoli legali e rendite parassitarie; è un’ottica, quindi, in cui il socialismo non è rovesciamento del liberalismo, bensì suo superamento. Scriveva, più o meno negli stessi anni, Benjamin Tucker, l'editore di Liberty, che “Il più perfetto socialismo si basa sul più perfetto individualismo”. Vuoi vedere che “opposita sunt complementa”?”

 

Lasciando a Gioele Magaldi e a Rodion di aggiungere ulteriori riflessioni, concordanti o meno, rispetto alle interessanti argomentazioni di Luigi Corvaglia, rinviamo i lettori alla prossima puntata di questa intrigante querelle politico-ideologica su temi di così stringente attualità e concreta rilevanza per la vita di miliardi di individui.
Infatti, la scelta di quale modello ideologico debba guidare le poleis del XXI secolo- nel bel mezzo di un’epocale crisi politico-economica e sociale- ha evidenti e pesantissime ricadute materiali (oltre che spirituali e culturali) per ogni abitante del globo terracqueo.

 

I  FRATELLI DI GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO (www.grandeoriente-democratico.com)

[ Articolo del 25-30 maggio 2014 ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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