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GOD commenta “Diamo a Renzi… quel che è di Renzi”, articolo by Sergio Magaldi

 

 

 

 

Evocati e in qualche modo chiamati in causa dal Fratello Magaldi Senior in

“Diamo a Renzi… quel che è di Renzi”, articolo del 16 febbraio 2014 by Sergio Magaldi per LO ZIBALDONE DI SERGIO MAGALDI (clicca per leggere),

esprimiamo un sintetico commento a questo suo ultimo articolo.
Sergio Magaldi ci aveva menzionato citando un passaggio di

“Chi vuole subito Renzi a Palazzo Chigi?”, articolo del 12 febbraio 2014 by Francesco Maria Toscano per IL MORALISTA (clicca per leggere).

Scrive Magaldi Sr.:

 

“…restano costanti nei suoi confronti sia l’inquietudine manifesta di Eugenio Scalfari che l’atteggiamento palesemente “fastidito” di Massimo Franco, voci importanti del giornalismo e volti arcinoti dei talk show. Il che non può che giovare a Renzi, prefigurando una possibile discontinuità nell’azione di governo del sindaco fiorentino, rispetto alla recente “stabilità cimiteriale”]. E, soprattutto, lo costringe a difendersi da chi [e sono in tanti, dal M5S alla Lega Nord, passando per vari partiti e movimenti di opinione] lo indica come la nuova marionetta ad uso di noti burattinai nazionali e internazionali al servizio dei soliti poteri forti, nella consueta veste di impresari dello spettacolo planetario in scena nell’età della globalizzazione, dell’euro e dell’ascesa del capitale finanziario. Accuse che non sarebbero state risparmiate a Renzi neppure se fosse salito a Palazzo Chigi dopo aver vinto le elezioni, ma che inducono alcuni tra i più acuti osservatori a porsi la domanda “Perché ora?”.

 La questione non è di poco conto e viene affrontata sapientemente da Francesco Maria Toscano: Chi vuole subito Renzi a Palazzo Chigi? [www.ilmoralista.it]:

‘ […] Chi, e perché, ha impresso una svolta destinata ad imporre Matteo Renzi a Palazzo Chigi? […] La prima delle ermeneusi proposte, che definiremmo per comodità di tipo politico-profano, è frutto esclusivo del libero ragionamento di chi scrive. La seconda, di tipo esoterico-iniziatico, è invece in gran parte debitrice delle suggestioni ricevute in dono da ambienti riconducibili al network massonico sovranazionale di Grande Oriente Democratico. Partiamo dal primo punto. Cosa spinge Renzi ad accettare la nomina a Premier senza passare per le urne? Il Rottamatore non rischia, così facendo, di  bruciarsi prematuramente? Io credo che a Renzi, molto più cinico e calcolatore di quanto comunemente non si creda, non sfuggano affatto i rischi coevi di una operazione che i suoi nemici avranno gioco facile nel bollare immediatamente come ennesima e oscura “manovra di Palazzo”. Allo stesso tempo però il sindaco di Firenze teme, non senza ragioni, di finire presto stritolato dalla inconcludenza di un governo molto impopolare che necessariamente cammina sulle gambe del “suo” Pd. Come se ne esce? La soluzione è tutt’altro che facile. In un Paese normale, con un Presidente della Repubblica normale, il popolo sovrano sarebbe chiamato alle urne per dirimere la spinosa vertenza. Ma l’Italia, ahimè, non è più un “Paese normale”. E’ un protettorato alla mercé di una oligarchia invisibile che vede (vedeva?) in Giorgio Napolitano il suo più efficiente terminale. A questo punto, scartata l’ipotesi di continuare a sostenere il governo Letta nel timore di logorarsi per nulla, impedita la possibilità di un immediato ricorso al voto democratico per la nota e risaputa idiosincrasia verso il popolo del monarca ben assiso sul Colle, quali opzioni restano al nostro arguto Matteuccio? Una sola. Ovvero “la manovra di Palazzo”. Rimane però sul tappeto un problema abbastanza ingombrante: come riuscire a conciliare l’immagine fresca e popolare che il sindaco di Firenze si è faticosamente costruito con l’accettazione di una investitura figlia dei soliti, logori e stantii giochini di potere? Ritengo che nella mente di Renzi frulli l’idea di provare a “sterilizzare” tale criticità presentandosi agli occhi degli italiani come risorsa, ultima e indispensabile, costretta ad accettare obtorto collo una nomina non voluta né richiesta, a patto però di ricevere un via libera pieno e incondizionato. Renzi, ne sono relativamente certo, se mai dovesse ricevere il mandato per formare il governo, non medierà con nessun partito. Al contrario formerà la sua squadra infarcendola di nomi difficilmente riferibili alle segreterie dei partiti che oggi sostengono il governo Letta. Dopodiché sottoporrà la sua squadra al giudizio del Parlamento. Sapendo che di fronte ad una eventuale bocciatura delle sue scelte, quindi, volente o nolente Napolitano, non rimarrebbe a quel punto altro da fare se non tornare alle urne. La seconda lettura, sintesi delle raffinate confidenze pervenutemi da ambienti di God, delinea invece un quadro alquanto differente. Il Venerabilissmo Maestro contro-iniziato Mario Draghi, vero regista del progressivo annichilimento della civiltà italiana ed europea, non a caso oggetto di recenti salamelecchi da parte dello stesso Renzi guarderebbe con fastidio all’ipotesi futuribile di un Renzi eletto premier sulla scia di un forte consenso popolare. Tale eventualità potrebbe in teoria accrescere il potere contrattuale del Rottamatore agli occhi dei soliti cenacoli, aumentandone il tasso di indipendenza in misura probabilmente incompatibile con la sadica prosecuzione del doloso processo di desertificazione attualmente in corso. Imbrigliare Renzi dentro una cornice compromissoria, al contrario, questa la ratio dissimulata della sottile e perfida strategia in atto, finirebbe giocoforza per limitarne di molto il potenziale “rivoluzionario”, trasfigurando cioè fin da subito un potenziale Gianburrasca in docile burattino da tenere al laccio finché serve.”

 Le due “ermeneusi” non sono così distanti e soprattutto sono più che compatibili tra loro. Dico subito che non condivido alcune delle analisi contenute nella “prima lettura”, circa le valutazioni sul presidente Napolitano e sulla opportunità di andare a votare oggi col “Consultellum” che prefigurerebbe di nuovo le “larghe intese”, questa volta direttamente tra Renzi e Berlusconi. Sulla “seconda lettura”, indubbiamente suggestiva, mi chiedo come si possa definire Mario Draghi il “vero regista del progressivo annichilimento della civiltà italiana ed europea”, quando ci sarebbe da chiedersi se le cose per il nostro Paese sarebbero andate meglio, tra l’autunno del 2011 e la primavera del 2012, se nel delicato posto di Draghi ci fosse stato un non italiano. E se le responsabilità della decadenza europea non siano piuttosto da ricercare nella vocazione egemonica di Eurogermania gestita dai cosiddetti poteri forti, sempre richiamati, ma poi identificati sempre con voluta ed erronea approssimazione. E se in particolare, la decadenza italiana non sia stata causata da un sistema politico, corrotto e inconcludente che ha creduto di poter sfuggire alla resa dei conti semplicemente nascondendosi dietro l’euro.

Ciò premesso, Renzi non ignora affatto il rischio che gli viene dalla diffusione, tra i suoi stessi sostenitori, di una lettura del suo operato di tipo “esoterico-iniziatico”, come la definisce Toscano. Ma sa anche di non avere scelta e/o forse presume – come già dicevo nel citato post del 10 Febbraio – di essere più astuto di chi l’ha voluto a Palazzo Chigi anzitempo.”

 

Preliminarmente, ribadiamo che la nostra lettura, ad oggi, di ciò che riguarda la repentina ascesa a Palazzo Chigi del segretario PD, l’abbiamo espressa in

L'aspirante massone Matteo Renzi a Palazzo Chigi, fra spinte massoniche reazionarie e auspici massonici progressisti. Sottotitolo: Come sono andate effettivamente le cose nei mesi e nei giorni scorsi, a partire dalla graduale bastonatura del Fratello Napolitano... (clicca per leggere)

L'inizio della fine politica dell'aspirante massone Matteo Renzi, il più grande bluff della storia repubblicana italiana (a cura di GOD) (clicca per leggere).

Mentre la posizione delle amiche e degli amici di DRP è alquanto differente e più possibilista, così come spiegato in

Appello n.5 del 2014 di Democrazia Radical Popolare a Matteo Renzi: abbandoni i cattivi consiglieri neoliberisti; faccia un governo costituente di alto profilo, con un programma progressista, keynesiano e rooseveltiano; cerchi un largo consenso in Parlamento; si dimetta e vada subito ad elezioni, se non riesce ad attuare rapidamente riforme e provvedimenti significativi ed incisivi (clicca per leggere).

Ciò premesso, osserviamo quanto segue.
Allorché nel suo

“Diamo a Renzi… quel che è di Renzi”, articolo del 16 febbraio 2014 by Sergio Magaldi per LO ZIBALDONE DI SERGIO MAGALDI (clicca per leggere),

il Fratello Sergio Magaldi rivede e capovolge i giudizi, la analisi e persino le esortazioni a Renzi contenute negli articoli che erano stati rilanciati e commentati da DRP in

DRP presenta "Renzi, il canto delle sirene e Beppe Grillo", articolo di Sergio Magaldi  (clicca per leggere)

DRP presenta e chiosa "Segreti di Pulcinella", articolo by Sergio Magaldi (clicca per leggere),

può certo avvalersi per la sua giravolta a 180° del celebre detto del Confratello Massone Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau (1749-1791), “Solo gli imbecilli non cambiano mai opinione”, rilanciato in altri termini da un altro celebre Libero Muratore come Oscar Wilde (1854-1900): “Mi contraddico? Ebbene si, mi contraddico”; tuttavia ci lascia alquanto perplessi il fatto che una contraddizione così radicale delle opinioni espresse in precedenza sia avvenuto a distanza di pochissimi giorni.
Perbacco, di solito, per cambiare completamente opinione su faccende di una certa rilevanza, si attendono almeno mesi o anni…
Comunque, padronissimo il Fratello Magaldi di cambiare opinione anche dalla sera al mattino e poi dal mattino alla sera, se così gli suggerisce il suo animo.
Per parte nostra, pur non ritenendo di essere imbecilli, ci discostiamo alquanto dagli usi e costumi dei Fratelli Mirabeau, Wilde e Magaldi Senior e siamo soliti pensare a lungo prima di prendere un’iniziativa o esprimere un convincimento perentorio, salvo poi mantenerci costanti e coerenti sulla natura sostanziale (sugli aspetti contingenti siamo più fluidi e possibilisti) di ciò che abbiamo distillato e prescelto come nostra posizione.
Venendo al merito dei ripensamenti di Magaldi Senior maturati il 16 febbraio 2014 in contraddizione con quanto enunciato il 10 e l’11 febbraio, che dire?
Innanzitutto che ritenevamo più convincenti le analisi del Fratello Sergio rilanciate in

DRP presenta "Renzi, il canto delle sirene e Beppe Grillo", articolo di Sergio Magaldi  (clicca per leggere)

DRP presenta e chiosa "Segreti di Pulcinella", articolo by Sergio Magaldi (clicca per leggere).

Insomma, non ci convincono le argomentazioni usate da S. Magaldi per sostenere che tutto sommato Renzi ha avuto buone ragioni per fare quello che, pochi giorni indietro, egli stesso aveva definito

“la cosiddetta staffetta alla guida del governo, esiziale a mio giudizio, prima di ogni altra considerazione, proprio per la sorte politica di chi ha promesso di voler rifare l’Italia. Ciò che già scrivevo nel post di ieri: Renzi, il canto delle sirene e Beppe Grillo.”

Soffermiamoci poi sui passaggi che ci riguardano più da vicino, attraverso la menzionata citazione della parte finale dal pezzo

“Chi vuole subito Renzi a Palazzo Chigi?”, articolo del 12 febbraio 2014 by Francesco Maria Toscano per IL MORALISTA (clicca per leggere).

A questo proposito, Sergio Magaldi scrive:

 

 Le due “ermeneusi” non sono così distanti e soprattutto sono più che compatibili tra loro. Dico subito che non condivido alcune delle analisi contenute nella “prima lettura”, circa le valutazioni sul presidente Napolitano e sulla opportunità di andare a votare oggi col “Consultellum” che prefigurerebbe di nuovo le “larghe intese”, questa volta direttamente tra Renzi e Berlusconi. Sulla “seconda lettura”, indubbiamente suggestiva, mi chiedo come si possa definire Mario Draghi il “vero regista del progressivo annichilimento della civiltà italiana ed europea”, quando ci sarebbe da chiedersi se le cose per il nostro Paese sarebbero andate meglio, tra l’autunno del 2011 e la primavera del 2012, se nel delicato posto di Draghi ci fosse stato un non italiano. E se le responsabilità della decadenza europea non siano piuttosto da ricercare nella vocazione egemonica di Eurogermania gestita dai cosiddetti poteri forti, sempre richiamati, ma poi identificati sempre con voluta ed erronea approssimazione. E se in particolare, la decadenza italiana non sia stata causata da un sistema politico, corrotto e inconcludente che ha creduto di poter sfuggire alla resa dei conti semplicemente nascondendosi dietro l’euro.

Ciò premesso, Renzi non ignora affatto il rischio che gli viene dalla diffusione, tra i suoi stessi sostenitori, di una lettura del suo operato di tipo “esoterico-iniziatico”, come la definisce Toscano. Ma sa anche di non avere scelta e/o forse presume – come già dicevo nel citato post del 10 Febbraio – di essere più astuto di chi l’ha voluto a Palazzo Chigi anzitempo

Sa di giocarsi una partita, dove è chiamato a “rifare l’Italia”, senza tuttavia scontentare i padroni europei e i loro mandanti, e crede di potercela fare. Il primo tassello sarà la riforma costituzionale con la fine del bicameralismo perfetto e la modifica del titolo V della Costituzione per ridurre il potere e la corruzione delle Regioni. Seguirà la nuova legge elettorale e anche su questo Eurogermania lo lascerà pedalare senza mettergli i bastoni tra le ruote. Problemi sulle nuove politiche del lavoro, sul taglio della spesa e sulla riduzione del costo della politica potrebbe averle solo in Italia. Con l’Europa, il problema ci sarà quando e se cercherà di trovare denaro fresco per ridurre il cuneo fiscale e abbassare le tasse, per rilanciare i consumi, aumentando la produttività e diminuendo la disoccupazione. Perché dovrebbe al tempo stesso tassare la rendita finanziaria [si veda in proposito il post del 23 Gennaio u.s., Capitale umano e capitale finanziario], sforare il famoso tetto del 3%, tra PIL e debito pubblico, e ottenere una proroga del Fiscal compact. Obiettivi difficili da raggiungere ma non impossibili, anche se sulla tassazione della rendita finanziaria incontrerà l’opposizione degli alleati del Nuovo Centro Destra. Ostacolo che potrà essere superato, anche con l’aiuto dell’opinione pubblica,  bilanciando la tassazione con la riduzione del prelievo fiscale sul reddito delle persone e delle imprese. Più difficile sarà su questo punto vincere l’ostilità del capitale finanziario, ma se gli riuscirà avrà vinto la sua battaglia e lo sforamento del famoso 3%, già concesso a Francia, Spagna e non solo, ne verrà di conseguenza. Come pure la proroga del Fiscal compact.

 Insomma, per l’obiettivo minimale [riforme costituzionali e istituzionali], Renzi si è già assicurato una doppia maggioranza, mentre per il progetto ambizioso di legislatura, a conti fatti, egli ha molte frecce al suo arco e qualcuna potrebbe davvero raggiungere il bersaglio. In questa prospettiva fanno ridere davvero le minacce del Nuovo Centro Destra di prendersi ancora 48 ore per decidere se appoggiare il governo. A beneficio dei propri elettori e/o per il solito valzer delle poltrone? Renzi fa sapere giustamente che non intende subire ricatti. È già pronta una maggioranza alternativa e se Napolitano e una fetta del PD porranno ostacoli, saranno costretti a mandare il Paese alle urne. A questo punto, s’indovina facilmente quale potrà essere la soluzione. Nuovo Centro Destra e Popolari, formazioni neonate in Parlamento e non nel Paese, sono avvertite.

 In definitiva, se in precedenza ho messo in guardia il sindaco di Firenze contro il canto delle sirene, era soprattutto per due motivi: il timore che la minoranza del PD ne approfittasse per riguadagnare la segreteria del partito e lasciare che dopo Letta si bruciasse anche Renzi e che, soprattutto, fosse impossibile “rifare l’Italia” con Alfano e i suoi fratelli. Timori non del tutto sopiti, ma circoscrivibili in un rischio forse minore di quello che costerebbe sia a Renzi che al Paese continuare con un leader che in dieci mesi non è riuscito a presentare neppure una proposta di legge elettorale - che è stato anche il motivo principale in base al quale Napolitano gli ha conferito l’incarico di governo - e che solo alla vigilia della sua decadenza ha indetto una conferenza stampa, per sventolare il libretto delle buone intenzioni, con fare giocondo e fingendo che nulla fosse accaduto.

 

Prendiamo atto che Magaldi Senior ha una qualche simpatia e indulgenza non meglio chiarificata verso il Confratello Massone Giorgio Napolitano e attendiamo che sia lui a spiegare pubblicamente donde nasca tale simpatia, visto che sia in questa che in altre occasioni recenti sembra aver voluto difendere aprioristicamente- cioè senza dare chiara esplicazione del perché e percome- il Presidente della Repubblica italiana, tanto dalle critiche di Toscano che da quelle di altri.
Quanto al giudizio sul Confratello Massone Mario Draghi, facciamo presente al Fratello Sergio Magaldi che è oltremodo ingenuo caratterizzare costui come Presidente “italiano”, trattandosi di leggendario esponente di interessi latomistici euro-atlantici elitari che si curano poco o nulla di questioni o ascendenze nazionali.
Del resto, e questo vale – in senso neutro e senza connotazioni negative- per qualsivoglia individuo elevato alla guida di istituzioni sovranazionali: la scelta ricade sempre su soggetti di matrice culturale cosmopolita, i quali si sentono appunto (e giustamente) “cittadini del mondo” prima che di questa o quella nazione. E il problema risiede non nel cosmopolitismo- ingrediente necessario per chi voglia occuparsi di questioni internazionali senza indulgere in faziosità a favore del proprio singolo paese- quanto nella maggiore fedeltà a interessi privatistici e oligarchici piuttosto che pubblici e democratici, il che può riguardare anche l’assunzione di incarichi su base nazionale (e infatti Draghi, prima come Direttore Generale del Ministero del Tesoro e poi come Governatore della Banca d’Italia tutto ha fatto tranne che gli interessi pubblici…)
Quanto ad “Eurogermania e poteri forti”, stiamo appunto parlando di amici fraterni del suddetto Draghi.
Draghi è amatissimo sia da Angela Merkel che dall’apparentemente cattivissimo Governatore della Bundesbank, Jens Weidmann. O qualcuno ha mai veramente creduto alla pantomima per cui la Banca Centrale tedesca rimprovera periodicamente il Presidente italiano della BCE di essere troppo “espansivo” nell’acquisto di titoli di stato, così da esaltarne sottilmente il ruolo (presuntivamente) salvifico per i paesi dell’eurozona? Costoro, Draghi e Weidmann, sono come i ladri di Pisa: “di giorno litigano e la notte vanno a rubare insieme”.
D’altronde, se Draghi avesse voluto operare a vantaggio dei popoli dell’eurozona e non esclusivamente per il profitto dei suoi banchieri e gruppi finanziari, avrebbe fatto le normali e necessarie dichiarazioni rilasciate solo a fine luglio 2012 (a proposito del fatto che la BCE avrebbe messo in atto qualsiasi strumento pur di salvare l’euro) già dall’autunno 2011, quando lo spread di diversi titoli di stato europei (fra cui quelli italiani) aveva cominciato a impennarsi.
Già.
Ma se Draghi fosse intervenuto nell’autunno 2011, come si sarebbe potuto imporre all’Italia Mario Monti, alla Grecia Lucas Papademos, alla Spagna Mariano Rajoy e ovunque politiche omicide di austerità?
Sulla storiella che i mali dell’Italia dipenderebbero dal fatto di essere

 

un sistema politico, corrotto e inconcludente che ha creduto di poter sfuggire alla resa dei conti semplicemente nascondendosi dietro l’euro.”,

 

ci permettiamo di obiettare che fino alla fine degli anni ’80 l’Italia era divenuta, da Paese agricolo, semi-analfabeta e devastato dalla Seconda Guerra mondiale, la settima potenza industriale del Mondo.
Eppure, quello dell’Italietta democristiana e poi pentapartitica (DC-PLI-PRI-PSDI-PSI) era un sistema visibilmente corrotto e clientelare, nel senso che dispiace tanto ai virtuosi ex berlingueriani come il Fratello Sergio Magaldi…
Si potrà anche lodevolmente stigmatizzare la corruzione e il clientelismo (senza necessariamente esaltare l’austerità, come invece fece Enrico Berlinguer in funzione anti-capitalistica e anti-consumistica), ma bisogna riconoscere che queste componenti del sistema italico non frenarono l’ascesa economica della Penisola dal 1946 a tutti gli anni ’80.
Viceversa, a partire dagli anni ’90, dopo tutta la moralizzazione di Tangentopoli, l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht (1992) e le “meravigliose” privatizzazioni gestite in prima persona da Mario Draghi (allora Direttore Generale del Ministero del Tesoro, dal 1991 al 2001) con il supporto attivissimo di Romano Prodi dalla sua posizione di presidente dell’IRI nel 1993-94 (dopo esserlo stato anche dal 1982 al 1989), l’Italia ha cominciato un suo percorso di declino costante.
Come mai questa stranezza, Fratello Sergio Magaldi?
Come mai l’opera anti-corruzione di Tangentopoli e l’eliminazione della mano dello Stato (corrotto, inconcludente, sprecone, elefantiaco, etc.) da molte aziende (floride quando erano pubbliche) devolute a basso costo a proprietari privati, non ha arrecato benefici né a quelle aziende (spolpate, devastate e distrutte) né al sistema-Paese nel suo complesso?
Domande cui sarà cortese e opportuno dare risposta.
Poi Magaldi Senior si concentra su una serie di futuribili operazioni renziane, a nostro parere di dubbio senso e di scarsa efficacia per rigenerare istituzionalmente ed economicamente l’Italia (riforma del titolo V della costituzione, nuova legge elettorale, nuove politiche del lavoro nella forma del jobs act) o di sicuro impatto ulteriormente recessivo (tagli alla spesa pubblica e ai costi della politica…ma perché non abolire direttamente i partiti e il Parlamento, così da risparmiare ancora di più…?!!!).
Infine qualche parola di buon senso, al netto delle valutazioni imprecise sulla tassazione delle rendite finanziarie.
Scrive Sergio Magaldi:

 

“Con l’Europa, il problema ci sarà quando e se cercherà di trovare denaro fresco per ridurre il cuneo fiscale e abbassare le tasse, per rilanciare i consumi, aumentando la produttività e diminuendo la disoccupazione. Perché dovrebbe al tempo stesso tassare la rendita finanziaria [si veda in proposito il post del 23 Gennaio u.s., Capitale umano e capitale finanziario], sforare il famoso tetto del 3%, tra PIL e debito pubblico, e ottenere una proroga del Fiscal compact. Obiettivi difficili da raggiungere ma non impossibili, anche se sulla tassazione della rendita finanziaria incontrerà l’opposizione degli alleati del Nuovo Centro Destra. Ostacolo che potrà essere superato, anche con l’aiuto dell’opinione pubblica,  bilanciando la tassazione con la riduzione del prelievo fiscale sul reddito delle persone e delle imprese. Più difficile sarà su questo punto vincere l’ostilità del capitale finanziario, ma se gli riuscirà avrà vinto la sua battaglia e lo sforamento del famoso 3%, già concesso a Francia, Spagna e non solo, ne verrà di conseguenza. Come pure la proroga del Fiscal compact.”.

 

Allora, come lucidamente spiega Paolo Barnard nell’incipit del suo virtuale colloquio con il renziano David Serra, descritto in

“Paolo Barnard a Davide Serra+Renzi, mi ricevete?”, articolo del 14 febbraio 2014 by Paolo Barnard” (clicca per leggere):

 

Serra: La cosa che salta agli occhi, ancora una volta in netto contrasto con il ritratto che se ne fa sui giornali italiani, è che tra le più importanti misure proposte da Serra per salvare l'Italia c'è l'aumento delle tasse sulle rendite finanziarie, e non di poco, addirittura di dieci punti percentuali, dal 20 al 30 per cento. Una cosa di sinistra.

Barnard: Assolutamente no. Sarebbe proporzionalmente una forte tassazione delle rendite finanziarie dei ‘poveri’, i milioni di micro risparmiatori da pochi spiccioli, e che lascerebbe inalterata la grande ricchezza, che fra l’altro facilmente si sposterà a Londra o a Lugano. Non ci vuole un genio a capire che il 30% di 20.000 euro picchia di più del 30% di chi di euro ne fa girare milioni/miliardi

 

Anche a nostro parere, alla luce di tali considerazioni, la proposta di tassare le rendite finanziarie è iniqua e stolta.
Viceversa, ridurre il cuneo fiscale e abbassare le tasse sarebbe cosa buona e giusta, ma non solo sarà difficile poterla fare per un Renzi ossequioso e ubbidiente agli ideatori del Fiscal Compact (che pretendono l’Italia stanzi decine di miliardi di euro all’anno non per alleviare il carico fiscale o rilanciare gli investimenti pubblici, ma soltanto per ridurre il Debito Pubblico).
Parimenti, riteniamo del tutto trascurabile uno sforamento condizionato e minimo del 3% nel rapporto deficit/PIL e una contingente proroga del Fiscal Compact (ammesso e non concesso che Renzi prima chieda e poi ottenga effettivamente queste “elemosine” da parte dell’eurotecnocrazia).
Insomma, stavolta le analisi e i ragionamenti del Fratello Sergio Magaldi non ci hanno convinto.
Nondimeno, ritenendolo comunque un acuto, brillante e intelligente interprete della temperie attuale, abbiamo ritenuto utile presentare e commentare questo suo ennesimo intervento sull’epopea renziana.

 

I FRATELLI DI GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO (www.grandeoriente-democratico.com)

[ Articolo del 15-20 febbraio 2014 ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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