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LE INTERFERENZE DI UN RA(U)FFIANO DOC
del Cavaliere Errante

 

 

 

 

Correva l’anno di grazia 2010 e si aggirava tra i comuni mortali un uomo dal volto deciso e dal carattere impetuoso. Deciso e impetuoso con i “deboli”, poiché poi era sempre prono a genuflettersi ai potenti.
Si raccontano le sue gesta nell’opporsi ad ogni trattativa col manovale di Ravenna, fino al punto di capitolare, firmando dei protocolli di resa che lui, invece, definì di intesa.
Era il capo di un drappello di cavalieri di un ordine noto per il coraggio, la determinazione e la baldanza dei suoi membri nei confronti dei più deboli. Forti con la parola, la penna e la spada, ma a patto di non dover affrontare dei potenti: in quel caso, si mostravano piuttosto inclini alla resa.
I Cavalieri si affrettavano ad iscriversi all’ordine, ma solo per mostrare in pubblico il loro blasone e potersene vantare. Poi, al primo uomo di campagna del ravennate che si frapponeva sul loro cammino, se la davano a gambe senza esitazione. L’ordine era obbedienza e fedeltà alla codardia.
La decadenza dell’Ordine Cavalleresco era sotto gli occhi di tutti, ma la vanità prevaleva ed offuscava la vista.
Si credevano, in primis il Capo dei Cavalieri, di poter continuare così per sempre, ma non si accorgevano che si avvicinavano alcuni fratelli niente affatto disposti a scherzare… i veri cavalieri armati di intelletto, parola ed inchiostro. Le vere spade del tempo di pace, le vere spade di chi pratica la via del dialogo e del confronto critico, con rigore e onestà intellettuale. Apparivano all’orizzonte i primi albori della democrazia: per i Cavalieri reazionari, con la mente oscurata dalla nostalgia di un passato che non ritornerà più, questa era la peggiore iattura che potesse capitare.
Nel frattempo, c’era un Tapino che, in attesa dell’assoluzione dall’ “alta” corte del ravennate, andava dicendo che bisognava rinfoderare la spada.  Manifestava, così, un coraggio da leone, sprezzante del pericolo… Egli rinfoderava anche la penna, in attesa di una mite condanna. Ciò, nell’illusione che comunque l’opportunismo avrebbe  prevalso sui principi. Il fatto è che si sentiva protetto dal Capo dei Coraggiosissimi Cavalieri e, allora, pensava di non dover nulla giammai temere. Certamente, dinanzi al manovale ravennate, avrebbe prevalso lui come nei protocolli famosi…
Chi osava mostrare vero coraggio non veniva elevato ai più alti gradi della Cavalleria, perché ciò-nella convinzione di alcuni- poteva mettere in pericolo l’esistenza del glorioso Ordine di fulgida fama (e grande incisività culturale…) presso tutta la società civile.
Il nome del vero Capo della Cavalleria era sconosciuto ai più. Alcuni dicevano che il nome ricordasse una cernia, pesce che si nasconde nei più bassi ed oscuri fondali per non farsi catturare. Altri non osavano nominarlo, per paura delle reprimende e della stroncatura cavalleresca.
Riusciva così bene a dissimulare le proprie vere sembianze che gli venivano tributati onori e gloria in ogni emisfero.
Ad un certo punto, la Cernia Sovrana si mise in testa di interferire nell’Ordine dei Muratori, contattando  (pro-ravennate) Giudici vari onde condizionarli e pilotare i processi dei raffiani scissionisti romani.
Grande coraggio, invero, quando si tratta di servire il Capo. Poi va detto che, come la scissione va condannata solo se non è raffiana,  così l’interferenza viene condannata (sospesi i protocolli) solo se non è a favore del bracciante ravennate.
Cernia Sovrana, visti i tuoi tentativi di condizionare i fratelli giudici in cambio di una sciarpetta (tra blandizie e minacce) da oggi in poi ci “cureremo” del tuo rito (cioè di come l’hai ridotto) con tutto l’amore rituale fraterno che esso richiede, con la penna e la parola. La spada la lasciamo a te, che tanto la puoi solo rinfoderare.
Se ti fossi fatto i casi tuoi e fossi stato meno ra(u)ffiano sarebbe stato meglio (per te e per i tuoi pavidi cavalieri del pretorio).
Il Cavaliere Errante.

 

NOTA della REDAZIONE : pubblichiamo il sovrastante scritto “parabolico” del Fratello Cavaliere Errante, la cui interpretazione lasciamo all’ingegno dei più. Per parte nostra, in relazione a quei passaggi che ci sono sembrati riferirsi ad alcuni personaggi di un famoso Rito libero-muratorio di perfezionamento, ci dissociamo dai toni troppo duri e/o sferzanti utilizzati dall’autore del breve pamphlet. Inoltre, in termini generali, la nostra posizione era e rimane quella espressa nello scritto In Difesa del Rito Scozzese Antico ed Accettato Semmai ci domandiamo – e torneremo a porci sempre più insistentemente tale interrogativo- se gli attuali Vertici del R.S.A.A. stiano operando con lo scopo di onorare la propria alta funzione, sobbarcandosi gli oneri che questa comporta in termini di coraggio, indipendenza e libertà di giudizio e azione, oppure se stiano andando a rimorchio di un Regime (quello raffiano) ormai decadente, sfinito e senza più futuro. Un Regime che, quando crollerà, trascinerà con sé tutti quegli ominicchi e quacquaracquà che adesso intrallazzano nell’ombra, tra sciarpe, prebende e inconfessabili interessi.

 

 

 

 

 

 

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