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“Berlusconi come Schettino?” by B.M.

 

 

 

 

E’ stupefacente. Ora Berlusconi è come Schettino. Eppure per quasi vent’anni in molti sono stati ben lieti di andare in crociera sotto il suo comando. Con una differenza, però, rispetto ai passeggeri della Costa Crociere: questi, quando si imbarcano, ora come allora, pagano il viaggio e sicuramente non conoscono il comandante né il personale di bordo. Per tutti garantisce la Società armatrice. Nel caso dei frequentatori del PdL, invece, vi è un dubbio: i croceristi, quando si sono imbarcati, occupando cabine di varie classi,  conoscevano o no il comandante e il quadrato ufficiali? Dubbio che va esteso anche a questi ultimi: conoscevano o no il loro comandante?
Quale che sia la risposta, essa è comunque inquietante. Se era uno sconosciuto, data la delicatezza del viaggio, la sua pronosticata e auspicata lunghezza e l’importanza della meta, tutti hanno ceduto all’attrazione di un miraggio. Nel deserto, il miraggio è un’allucinazione della natura, nel mare della politica significa essere sconsiderati e sprovveduti, come il velista che pensa di saper andare per mare, ma non si preoccupa dell’impegnatività della rotta. del tipo di imbarcazione, della destrezza dei compagni e, soprattutto, del tempo che farà. E tuttavia intraprende il viaggio con l’emozione nel cuore, per poi farsi maledire, nella tempesta, da quelli che alle sue cure si erano incautamente affidati.
Vi è poi una seconda possibile risposta: tutti conoscevano il comandante, vantate qualità e taciuti difetti. E si sono imbarcati proprio perché, al di là delle vantate qualità, ne conoscevano i difetti taciuti, dai quali, ciascuno per sé, aveva calcolato di trarne profitto, quale che fosse il posto occupato sulla nave: dall’ufficiale al membro dell’ equipaggio, al semplice passeggero. Anche quest’ultimo, cioè l’ elettore, avendo pagato il biglietto con il suo voto, pensava che affidandosi ad un comandante tanto spregiudicato avrebbe partecipato ad una navigazione divertente; avrebbe tratto, cioè, la sua parte di profitto.
E’ probabile che la risposta corretta sia la seconda e vi è un segno eclatante che lo fa pensare: la questione del “carisma”. “Carisma” è stata (e per alcuni è ancora) la parola comunemente usata per vantare genericamente le qualità di Berlusconi, ma anche e soprattutto per nasconderne prudentemente e pervicacemente i difetti.
L’uso spregiudicato di questa parola è un indizio delle sconcertanti qualità umane di coloro che circondavano il comandante. Credo, infatti, che si debba sapere, come in effetti si sa, che “carisma” è una parola dalla storia impegnativa, che affonda le sue radici nell’illuminazione del “sacro”. Una volta estesa alla laicità del potere, rimane però una connotazione dal significato analogo: il potere è carismatico quando è espressione dello “spirito della storia” che conduce il generale vittorioso oltre la vittoria e rivela a tutti  un “destino”. A chi lo segue, non resta che acclamarlo; il che comporta, come scriveva Max Weber: “dedizione straordinaria al carattere sacro o alla forza eroica o al valore esemplare di una persona, e degli ordinamenti rivelati o creati da essa”.
Di personaggi “carismatici” la storia ne ha conosciuti, da Socrate a Gesù, a Paolo di Tarso, a Gandhi e, su altro piano, da Alessandro a Cesare, a Napoleone, a Lenin.
Aver attribuito epiteto e qualità a Berlusconi, per anni e anni, e il fatto del suo lasciarselo attribuire, non so di quale pochezza sia sintomo: intellettuale, morale, di senso della realtà…. Sicuramente è segno di narcisismo fino ai limiti del patologico per l’uno e di cinico servilismo per gli altri. Ma è anche segno della povertà culturale che ha alimentato l’individualismo egoistico di massa della società italiana degli ultimi due decenni, ma preparato dal decennio precedente. Parlo di povertà culturale e cinismo, perché credo che chi ha esperienza di politica e quindi deve anche conoscere il “diritto”, ha sostenuto, per il proprio profitto, una pratica di governo che ha costantemente delegittimato gli istituti del sistema democratico-parlamentare ed inferto ferite profonde nell’ordinamento giuridico.
Quando la nave sbanda e si incaglia sugli scogli, la ciurma si decompone e i passeggeri fuggono, ma non sanno dove andare. E non lo sanno, per la ragione che – prima - non si erano mai chiesti dove stessero, su quale nave si fossero imbarcati. Bastava loro divertirsi giorno per giorno.
Su Berlusconi mi fermo qui. Ma sui rapporti tra società italiana e ceto dirigente, di ogni ordine luogo e grado, non si possono non fare considerazioni, diverse sì, ma altrettanto sconsolate, quanto praticamente inutili. Dalla crisi di un sistema, quando diventa radicale, infatti, non si esce con gli strumenti del sistema: è un’annotazione pericolosa e ammonitrice, e lo è tanto più perché è prodotto della “logica”. Si fonda cioè su quei criteri metodologici che, come si sa, accreditano l’oggettività dei ragionamenti e dei risultati cui pervengono. Chi ha ancora un minimo di latina prudentia rifletta.

                                                                                                          B.M.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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