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Presentazione e Commento all’edizione italiana e romena (2011) di: Aldo Mola, GELLI E LA P2 fra cronaca e storia, Bastogi, Foggia 2009, (I ediz. 2008)

 

 

 

 

Nel 2008 usciva la prima edizione del libro di Aldo Mola, GELLI E LA P2 fra cronaca e storia, riedito in versione riveduta e aggiornata nel 2009.
Nel luglio 2011, poi, usciva anche un’edizione romena del libro: di questa, alleghiamo il Frontespizio di  Aldo Mola, LICIO GELLI  si Loja masonica Propaganda 2, Centrul National de Studii Francmasonice, Editura Nestor (clicca per vedere), tradotto da Alexandru Calciu e con postfazione di Bartolomeu Constantin Savoiu, che veniva presentata a Bucarest, capitale della Romania: vedi Presentazione del 15 luglio 2011 a Bucarest, in traduzione romena, del libro di Aldo Mola, LICIO GELLI si Loja masonica Propaganda 2, Centrul National de Studii Francmasonice, Editura Nestor (clicca sopra per leggere).
Ciò alla presenza, fra gli altri, dei vertici della Gran Loggia Nazionale Romena, una Comunione massonica nata di recente per volontà di alcuni fratelli fuoriusciti dalla Gran Loggia Nazionale Unita di Romania (costituita nel 1880) e dalla Gran Loggia Nazionale di Romania (costituita nel 1993), con il solito codazzo di polemiche e scomuniche fra le Gran Logge di provenienza e la neonata Obbedienza.
Francamente, a Noi di Grande Oriente Democratico (e ai nostri fraterni alleati esteri, per ora soprattutto franco-anglo-americani) che lavoriamo per rigenerare dal di dentro non solo il Grande Oriente d’Italia, ma tutto il network massonico europeo ed internazionale, poco piacciono le scissioni, ma ancor meno le scomuniche, da parte di chi invoca patenti di regolarità, primogenitura, maternità e monopolio di landmarks e valori libero-muratori.
Noi, come espressamente richiesto dalla Weltanschauung latomistica, lavoriamo “per unire ciò che è sparso”, cercando le ragioni schiette e ariose della comunanza di progetti fra tutte le comunità massoniche italiane ed estere, piuttosto che frequentare l’angusta via del conflitto nominalistico e dogmatico, che disonora quei discendenti di Hiram che non riconoscono di essere tutti, egualmente Figli della Vedova…
Se si va indietro di appena qualche secolo, si scopre che tutte le Comunioni massoniche attuali più importanti e anche un tantino presuntuose, United Grand Lodge of England in testa, hanno origini fondate sulla riforma o rivoluzione di entità massoniche precedenti.
La tanto pretesa Tradizione massonica (come tutte le tradizioni spirituali, sapienziali o religiose) è costellata di cambiamenti, fratture, rivisitazioni, traumi. A questi, poi, tardivamente, si aggiunge la finzione dell’ immutabilità delle origini e degli ideali/valori, così come della corretta ermeneutica di essi- con relativo monopolio del Vero e del Giusto- pretesa asserita dai contingenti vincitori, in attesa che una sconfitta ad opera di nuovi riformatori li trasformi in vinti e dimenticati relitti anacronistici.
Ma di questo riparleremo in altra occasione.
Ora torniamo al Fratello Aldo Mola.
Aldo Mola è un intellettuale autentico, di razza, capace di coniugare felicemente pionieristiche incursioni erudite con interessi civili e culturali di vasto respiro.
Classe 1943, piemontese, già docente all’Università degli Studi di Milano e all’Università libera di Bruxelles, collaboratore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, è direttore dal 1986 del Centro per la storia della Massoneria, direttore del Centro Europeo “Giovanni Giolitti”per lo studio dello Stato, presidente del Centro Studi “Mario Pannunzio” di Alessandria, condirettore editoriale di Il Parlamento italiano: 1861-1992 (Milano, Nuova Cei, voll.24), coinvolto in posizioni di responsabilità in diverse altre iniziative culturali e scientifiche.
Autore di pregevolissimi saggi su Garibaldi, i Savoia, la Monarchia in Italia, Silvio Pellico, Giovanni Giolitti, Giosuè Carducci, e svariate tematiche della storia italiana ed europea fra Otto e Novecento (con preziose incursioni su scenari e personaggi settecenteschi), è uno dei più importanti storici della massoneria italiana e certo l’unico ad averne saputo trattare con costante acribia filologica ed ermeneutica tutte le diverse fasi e vicissitudini: non esiste, al momento, alcuna sintesi complessiva che possa stare alla pari con la sua Storia della massoneria italiana (dalle origini ai nostri giorni), edita da Bompiani in prima edizione nel 1976 (seconda ediz. nel 1977, indi costantemente aggiornata nel 1992, 1994 e 2001), per un totale di 1088 pagine.
Come dicevamo sopra, nel 2009 esce la seconda edizione, riveduta e aggiornata, del libro GELLI E LA P2 fra cronaca e storia.
Chi volesse leggerne una presentazione sintetica e riassuntiva da parte dell’autore, potrebbe ad esempio andare sul sito ufficiale (www.granloggia.it) della Gran Loggia d’Italia, Obbedienza di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi, la seconda comunione più importante della penisola (dopo il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, di gran lunga la più ragguardevole ed estesa) e nella Sezione “Editoria” del sito, trovare Recensioni: Gelli e la P2 tra cronaca e storia (clicca sopra per leggere).
Qualche giorno fa, in Romania, Mola aggiunge una prefazione alla recente traduzione del suo libro in romeno. Ne riportiamo la versione italiana, che forse sarà in futuro integrata in una terza edizione: Prefazione di Aldo A. Mola all’edizione romena di GELLI E LA P2 fra cronaca e storia: “Trent’anni dopo. Più luce su Licio Gelli e la P2 (clicca sopra per leggere),

Che ne pensiamo Noi di G.O.D. di questa ultima fatica del Fratello Mola?
Intanto ne consigliamo la lettura, a prescindere.
Una corretta cognizione o anche soltanto l’eventualità di farsi un’ opinione non superficiale di cose dette e ripetute solo per sentito dire, non può che fare bene.
E per acquisire un punto di vista autonomo e ragionevole, è necessario ascoltare e studiare con attenzione soprattutto le idee di coloro che, a torto o a ragione, la pensano in modo diverso da noi. Conoscendo le opinioni degli altri, conosceremo meglio anche le nostre e magari saremo in grado di superare/perfezionare le une e le altre, sempre dubitando di poter giungere a Verità definitive, mai cessando di perseguirne le tracce, spesso umbratili, come direbbe il grande Giordano Bruno.
Questo è principio anzitutto socratico (e il motto delfico-socratico “gnothi sauton” “nosce te ipsum”, cioè “conosci te stesso” è inscritto sui portali dei templi massonici e sta a significare, tra l’altro, che se non siamo consapevoli dei nostri iniziali limiti conoscitivi ed esistenziali, sarà vana ogni impresa per trasformarci/migliorarci) e poi naturalmente volterriano: sarà il Fratello Voltaire a stabilireil principio cardine di ogni moderno spirito critico e tollerante, pressappoco in questi termini: “Detesto ciò che dici, ma mi batterò fino alla morte affinché tu possa continuare a dirlo”.
Ecco perché condanniamo senza tentennamenti le azioni censorie e turbative di chi, in Italia, ha tentato di impedire delle pubbliche presentazioni di questo libro su Gelli e la P2 di Aldo Mola.

Per quanto ci riguarda, comunque, non detestiamo affattoquesto saggio, semmai non ne condividiamo svariati contenuti, mentre di altri possiamo registrarne una indubbia utilità ai fini di una più serena e puntuale ricostruzione di un segmento cruciale del tardo Novecento italiano.
Ovviamente e preliminarmente, possiamo dire che del libro GELLI E LA P2 fra cronaca e storia non condividiamo la tesi fondamentalmente apologetica nei riguardi di Licio Gelli e della Loggia P2 in quanto tale.
Nel testo di presentazione dell’ edizione romena (vedi sopra per leggerlo integralmente), viene detto che essa viene pubblicata:

“Trenta anni dopo l’assalto politico- mediatico contro la “P2” e la libertà di associazione, condotta nel marzo-giugno 1981 da forze  partitiche eversive in convergenza con alcuni magistrati…”.

Nella Prefazione, sempre a questa edizione romena del 2011, Mola osserva:

“Che cosa rimane di quella tempesta?Sarebbe falso dire che tutto finì in nulla. Tante vite e tante oneste carriere furono stroncate. La massoneria finì e rimane sotto scacco. La libertà d’associazione risultò incerta. Ma soprattutto entrò in crisi irreversibile il ventaglio dei partiti dalla destra moderata al partito socialista,passando attraverso socialdemocratici, repubblicani, liberali e democristiani:quel “grande centro” che dieci anni dopo  fu liquidato definitivamente da “Mani pulite”,sotto la cui pressione la sinistra democristiana si consegnò mani e piedi legati all’ex Partito comunista che completò il disegno avviato nel marzo 1981 e fu il vincitore di quella partita (in premio oggi ha un consiglio nazionale presieduto da Rosy Bindi).” Sarebbe falso dire che non accadde nulla. In realtà l’ “affare P2” fu una manovra politica studiata a tavolino:avviata sin dalla denuncia anonima (!) contro Licio Celli (sic!) risalente al 1975, e alla richiesta di chiarimenti sulla P2 e la massoneria da parte del capogruppo del PCI  alla Camera, Alessandro Natta, nel 1978. E continuò con la richiesta di incriminazione  per attentato alla Costituzione a carico del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga avanzata dai parlamentari del PCI. La vera strategia, il vero colpo di stato avviato in quegli anni e attuato con metodica tenacia emerge ora dalla pubblicazione degli appunti vergati da Tina Anselmi fra il 30 ottobre 1981 e il 17 maggio 1984 (1). Apparentemente essi  non aggiungono nulla di importante a quanto si sapeva sui lavori della Commissione parlamentare d’Inchiesta sulla loggia Propaganda massonica n. 2 e sulla sua presidente (1). Tuttavia questi “diari segreti” e i “foglietti” anselmiani vengono enfaticamente intitolati, sono interessanti perché mettono definitivamente a nudo la mentalità e il modus operandi dei protagonisti dell’ “affare”.  Tina Anselmi narra che, quando venne invitata da Nilde Iotti, deputata  del partito comunista italiano e presidente della Camera, ad assumere la presidenza della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, le bastarono appena quindici minuti per accettare: un quarto d’ora durante il quale telefonò al democristiano Leopoldo Elia, presidente della corte costituzionale, che la incoraggiò ad assumere l’incarico propostole da Iotti sia perché entrambe erano state partigiane, sia nel timore che il presidente del senato, Amintore Fanfani, avanzasse un proprio candidato, come era naturale  per la priorità della Camera Alta rispetto a quella dei deputati.  Anselmi aggiunge che due  mesi dopo l’insediamento, il 5 dicembre 1981, lo stesso Elia le dettò la linea da seguire e i nomi degli “esperti” ai quali rivolgersi. Carlo Moro, Fulvio Mastropaolo, Pierpaolo Casadei Monti, Eugenio Selvaggi, Tommaso Morlino: nessuno dei quali (che si sapesse o si sappia) aveva pubblicato un solo rigo sulla massoneria. Ma la commissione non aveva scopi culturali o  storiografici, bensì politici:l’annientamento delle componenti razionali e “occidentali” del Centro a vantaggio dei cattocomunisti. Leopoldo Elia fece di più. Indicò ad Anselmi l’itinerario da seguire: scavare sulla presidenza Saragat, indagare sull’influenza della massoneria contro la candidatura di Aldo Moro alla presidenza della repubblica  sin dalla presidenza Saragat e sull’ultimo viaggio del leader democristiano negli Stati Uniti d’America; e  infine le dettò il “compito storico: con la giustizia determinare il cambiamento di una parte della classe dirigente del paese, compresa quella della Democrazia cristiana” (p.18). E’esattamente quanto si è poi verificato ed è tuttora in corso: tentare di rovesciare la classe dirigente “con la giustizia” cioè utilizzando inchieste giudiziarie e processi non solo mediatici. La Commissione sulla P2 precorse quanto poi venne perfezionato da Tangentopoli: l’azzeramento di Psi, Dc. Psdi, Pli e Pri, i cui esponenti di spicco furono emarginati, mentre talune  loro frange  s’intrupparono nell’ex Partito comunista italiano il cui vertice rimase compatto e indenne”.

Nell’ auto-recensione/riassunto sul sito ufficiale della Gran Loggia d’Italia di Piazza del Gesù-Palazzo Vitelleschi (www.granloggia.it ), Recensioni: Gelli e la P2 tra cronaca e storia, Mola dice:

“Da quel 1981 nulla fu più come prima. Dal democristiano Arnaldo Forlani il governo passò nelle mani di Giovanni Spadolini, intriso da antimassonismo congenito. I periodici e i mezzi radiotelevisivi inaugurarono l’epoca, tuttora in corso, delle “rivelazioni” di inchieste coperte da segreto istruttorio, mescolando impunemente pubblico e privato. I 120 volumi degli Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta costituiscono, al riguardo, un capolavoro di perfidia. Però, mentre credevano di marchiare a fuoco la massoneria in tutte le sue forme Tina Anselmi mise a nudo lo squallore di un’Italia di cui facevano parte non solo i partiti poi travolti da Tangentopoli ma anche il beneficiario del loro tracollo, il Partito comunista italiano che, nelle versioni successive, assorbì le macerie della Democrazia cristiana e di partiti minori senza dar vita a una forza moderna, veramente occidentale e liberale. Il volume è percorso da profonda amarezza ma anche da una richiesta perentoria, implicita nella dedica preposta alla seconda edizione (”A tutti i Fratelli sparsi nel mondo, tanto in prosperità che in disgrazia. Indirizziamo i nostri voti al Grande Architetto dell’Universo perchè voglia soccorrere gli infelici e condurre i viaggiatori a buon porto”): verrà o no varata una legge sulle associazioni che liberi i massoni dal pericolo di persecuzioni arbitrarie? E i partiti nuovi nascenti conserveranno o aboliranno il divieto di appartenenza dei loro iscritti alle logge?”

Nella quarta di copertina dell’edizione 2009 del testo in questione è scritto:

“1977. Il Partito comunista decide l’offensiva contro la massoneria in Italia. 1981. Criminalizzazione di Licio Gelli e della Loggia P2, crollo del Centro-Sinistra presieduto da Forlani. Si accelera l’agonia della Democrazia cristiana. 1991. Il 5 dicembre il Partito Democratico della Sinistra (ex PCI) denuncia al Parlamento il presidente della Repubblica Francesco Cossiga per attentato alla Costituzione. 1993-94. Scompaiono i partiti fondatori della Repubblica. 1994-1996. La P2 è assolta dall’accusa di cospirazione politica (…) 2008. Già assolto in decine di processi, Gelli è prosciolto dall’accusa di implicazione nella morte di Roberto Calvi, ma…
Tra il 1981 e il 2008 il debito pubblico è balzato dal 57% al 107% del prodotto interno lordo. I cittadini sono allarmati per incertezza dei beni e dei risparmi, declino dell’ordine pubblico, inefficienza di trasporti, sanità, istruzione, amministrazione della giustizia…Tutto colpa di Gelli? Della P2? Dei massoni?
Votato da un’ampia maggioranza, il governo presieduto da Silvio Berlusconi cerca di rimediare, ma viene accusato di ‘loggia continua’. Chi vuole davvero riforme democratiche? Chi vuole il caos? Per quale ‘Ordine’?”

Vediamo di apportare il nostro spirito critico alle veementi analisi proposte da Aldo Mola, liberale che non fa mistero delle sue simpatie di centro-destra.
E’ certo calibrata, obiettiva e sobria la narrazione moliana del giovane Gelli, poeta e scrittore, combattente appassionato da giovane nelle file fascio-franchiste in Spagna e poi nazi-fasciste in Italia, salvo un finis belli in collaborazione con i partigiani comunisti, cosa che gli salverà la pelle e gli attirerà il sospetto di connivenze triplogiochiste con i servizi segreti del Patto di Varsavia durante la Guerra Fredda.
Mola, che fascista non è e non è mai stato, mostra tuttavia nei confronti di questa esperienza fascio-nazistagiovanile gelliana quella stessa indulgenza che troppi cosiddetti o sedicenti liberali e liberisti, vetero e neo, decenni dopo, mostreranno nei riguardi dei regimi (liberticidi e sanguinari) di Augusto Pinochet in Cile (1973-1990) e di Jorge Rafael Videla e compari ( Viola, Galtieri, Massera, Agosti, etc.) in Argentina (1976-1981): tutti regimi e personaggi con i quali un Gelli ormai maturo avrà intensi rapporti di amicizia, collaborazione e stima reciproca.
In realtà, quello che Aldo Mola cerca di accreditare è il ritratto di un Licio Gelli che, passati i furori fascisti giovanili, forte di un benefico cimento massonico con personaggi di provata fede democratica come il Fratello Roberto Ascarelli (1904-1970, ebreo, antifascista, radicale, socialdemocratico) e il Fratello Giordano Gamberini (1915-2003, socialdemocratico), sarebbe divenuto, negli anni, con la sua Loggia P2 (fiore all’occhiello del G.O.I. per qualità degli affiliati), una sorta di garante della tenuta democratico-liberale delle istituzioni italiane, un abile stratega in grado di supportare e confortare quel “Grande Centro” (dal PSI al PLI, passando per PSDI, PRI e DC) che solo poteva condurre in porto la traballante navicella italiana, tenendola lontana dalle ali estreme comuniste e neofasciste.
In questa prospettiva, Mola interpreta il famoso (o famigerato) Piano di Rinascita Democratica (prima stesura intorno al 1975) come un generoso e lungimirante progetto di rigenerazione politica di una nazione insidiata dalle mire eversive della sinistra comunista e dalle “sciagurate” pretese progressiste post-68 che rischiavano di mandare il paese in malora, fra assemblearismi diffusi, lotta per i diritti dei lavoratori, richieste di miglior welfare, forza combattiva e coesione dei sindacati (chiamati sprezzantemente Trimurti nel Piano), contestazione del principio di autorità e di tradizione, femminismo, liberalizzazione dei costumi, eccessiva libertà di espressione e di stampa, etc.
Tuttavia, la perfidia comunista e il golpismo dei giudici in camicia rossa prima assestarono un duro colpo ai “ Grandi Sorveglianti” piduisti, benemeriti vegliardi e valorosi giovani (fra i quali un rampantissimo Silvio Berlusconi, prontissimo ad interpretare da par suo il Piano di Rinascita nel punto 2, d, che recitava: “dissolvere la Rai-Tv in nome della libertà di antenna ex art. 21 Costit.”…) con la diffamazione dell’opera meritoria e altruistica (per la quale, tra affari, “tangenti” e provvigioni varie, Gelli e alcuni altri della Loggia guadagnarono un bel po’ di miliardi) della Loggia P2, dal 1981 in avanti; poi cospirarono contro le anime belle della prima repubblica, abbattendole mediante Tangentopoli; infine hanno tentato e tentano di eliminare l’Uomo della Provvidenza, il Salvatore della Patria Berlusconi, invece di lasciarlo lavorare

A nostro parere, però, le cose non stanno effettivamente così.
Mola ha molte ragioni nel denunciare l’anti-massonismo pretestuoso e pregiudiziale di certa (non tutta e non tutta allo stesso modo) cultura comunista e cattolica italiana della seconda metà del XX° secolo.
E ricostruisce con notevole maestria (perciò raccomandiamo la lettura delle 580 pagine del libro: avvincente e ricco di dati, notizie, angolazioni visuali inedite ma necessarie a capire e ad integrare il giudizio storico sugli avvenimenti trattati, spesso in balia di semplificazioni strumentali e faziose) tutta una serie di atmosfere e ipocrisie del potere italiota: mediocre, infingardo, maramaldo e subdolo.
Però, le cose non stanno esattamente come lui le vorrebbe raccontare.

Noi non diamo troppo peso al valore assoluto di certe condanne e assoluzioni giudiziarie: talora si viene condannati a torto benché innocenti, oppure assolti per insufficienza di prove o perché qualcuno ha esercitato indebite pressioni (corruttive o politiche) sulla corte giudicante, benché colpevoli.
E questo vale per l’Italia, come per qualunque altro stato, per questa epoca come per i secoli passati.
Ma se Mola evidenzia le assoluzioni di cui ha beneficiato Licio Gelli, ricordiamo anche che costui ha avuto diverse condanne:

condanna definitiva per calunnia aggravata dalla finalità di terrorismo per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980

condanna definitiva per procacciamento di notizie riguardanti segreti di Stato

condanna definitiva per calunnia nei confronti dei magistrati Turone, Viola e Colombo

condanna definitiva per coinvolgimento nella bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano

 

In riferimento alla “tempesta” che si abbatté sui piduisti, Mola dice che “Tante vite e tante oneste carriere furono stroncate”.
Mah! Forse sarebbe più giusto dire: qualche carriera, più o meno onesta, ebbe (forse) qualche fastidio.
Non però il piduista Silvio Berlusconi, che negli anni ’80 diventerà l’oligarca semi-monopolista delle televisioni private, negli anni ’90 sanerà i suoi debiti grazie a banchieri compiacenti e ad una discesa politica che gli frutterà una poderosa influenza parlamentare quasi ventennale e diverse volte il governo della nazione.
Non il piduista Fabrizio Cicchitto, che accanto a Berlusconi ha salito molte scale del potere, sino a diventare Capogruppo alla Camera dei Deputati del PDL, partito di maggioranza governativa.
Non il piduista Maurizio Costanzo, potentissimo uomo di televisione e relazioni, che negli anni ottanta e novanta, prima in area PSI, poi in area PDS e DS, senza soluzioni di continuità, sarà autorevole “Maestro delle Cerimonie” mediatiche di Fininvest-Mediaset.
Non il piduista Luigi Bisignani, balzato di recente alle cronache giudiziarie del Bel Paese, ma da più di trent’anni sulla cresta dell’onda, nel back-office del potere, all’incrocio di influenti networks vaticani, massonici e industriali italiani ed esteri.
Non il piduista Massimo Donelli, anch’egli artefice di una brillante carriera alla corte del Fratello di Arcore, ricoprendo tuttora il ruolo di Direttore di Canale 5 e, dal 2010, anche dei nuovi canali digitali La 5 e Mediaset Extra.
Non il piduista (di recente venuto a mancare) Enrico Manca, che dopo lo “scandalo P2” visse una bella fase della sua carriera politico-istituzionale, ricoprendo il ruolo di Presidente della RAI dal 1986 al 1992.
Non il piduista Fabrizio Trifone Trecca, medico, che per anni ha goduto (e tuttora gode) di suoi programmi televisivi sulle reti Fininvest-Mediaset.
Non il piduista Roberto Gervaso, la cui carriera di scrittore e giornalista televisivo e della carta stampata è proseguita tranquillamente dopo lo scoppio dello scandalo.
E si potrebbe continuare per un bel po’, con altri nomi di piduisti famosi e meno famosi, dei propri figli, nipoti, amici e sodali che, nel corso di questi trent’anni, lungi dall’aver avuto reali stroncature della propria carriera, delle proprie reti di relazione e influenza, ne hanno serenamente beneficiato, talora persino profittando dell’alone di timore reverenziale che l’appartenenza alla Loggia di Gelli ha sempre ispirato nell’opinione comune.
Chi ha pagato, quando ha pagato, non è stato per l’appartenenza a codesta officina massonica, ma per aver commesso come individuale soggetto giuridico, magari associato con altri piduisti oppure no, determinati reati.

E’ vero che nel 1991/92-94 scompaiono i partiti del “grande centro” (DC, PSI, PSDI, PRI, PLI), ma, prima di addossarne la colpa ai “giudici kommunisti” e alla segreteria del povero Achille Occhetto, che perse pure le elezioni del ’94 (e l’occasione della sua vita), bisognerà guardare a certi ambienti euro-atlantici un tantino più influenti e incisivi delle cooperative rosse e dei giudici marxisti…per i quali ambienti, in questi anni, è stato ininfluente chi fosse al governo dell’Italia, a patto che si mettessero in opera determinate politiche (privatizzazioni sciamannate, riduzione del welfare, contenimento dei salari, retorica e pratica anti spesa pubblica).
E bisognerà rammentarsi che, mentre gli amici di sempre del Fratello di Arcore (democristiani e socialisti) erano in difficoltà, le televisioni berlusconiane, con sapiente regia, ne fecero polpette, celebrando Tangentopoli in combutta con la Lega “forcaiola”, quella stessa Lega con la quale i partiti-azienda del Gran Sultano brianzolo, per anni e anni, ci hanno propinato la favola dei “governi del fare” (pena).
Parimenti, il Piano di Rinascita Democratica (prima stesura nel 1975-76), lungi dall’essere un’ originale e altruistica bozza di liberi pensatori solleciti del benessere democratico della nazione italiana, non era altro che la variante nostrana dell’elaborazione strategica di certa destra massonica e para-massonica statunitense e internazionale: quella stessa destra massonica e para-massonica che produrrà il famoso libro The Crisis of Democracy, relazione presentata alla Trilateral Commission (fondata nel 1973 e certo articolata al suo interno in una “destra”, compiaciuta del testo, e una “sinistra”, alla quale la relazione suddetta non piacque troppo) da Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki, nella quale si giungeva a biasimare la troppa libertà e “democraticità” delle democrazie contemporanee, si manifestava l’opportunità di limitare o attutire le libertà personali in favore della “governabilità” e dell’ordine pubblico, di molto rafforzare i poteri degli organi esecutivi rispetto alle assemblee legislative (in spregio ai sacri principi delle democrazie autenticamente liberali, basate sui principi della distinzione ed equilibrio dei poteri, enunciati nel XVIII° secolo dal Fratello Montesquieu), si propugnava il ripristino dell’autorità fortemente gerarchizzata, si auspicava l’avvento di politiche economiche ferocemente liberiste.
Esattamente il tipo di “svolta” politica ed economica che il golpe di Pinochet e i Chicago Boys cileni di Milton Friedman stavano attuando in Cile sin dal 1973-74 e che si sperimentò un po’ dovunque, da allora in poi, in Sudamerica e altrove, con la stessa miscela di dispotismo politico e neoliberismo selvaggio.
Più difficile l’esportazione in Europa, persino nella debole Italia, della versione golpista e dittatoriale di questo Progetto.
Certo, Gelli e Camerati, pardon Fratelli, avrebbero avuto un immenso piacere, con il supporto di strutture militari e para-militari neofasciste o fascistoidi, nel realizzare un regime in stile peronista o alla Pinochet o alla Videla-Massera ma, per loro disgrazia, a questa ipotesi si opposero le residue forze di certi ambienti massonici e para-massonici autenticamente liberal & democrat, da una parte all’altra dell’Atlantico.
Di questa secolare dialettica fra “destra” e “sinistra” massonica (sui cui concetti abbiamo già esposto qualche accenno in:

 In omaggio ai Valori del 14 luglio, riflettiamo su Destra e Sinistra Massonica: uno scontro secolare tra elitarismo e democrazia, autoritarismo e libertà, gerarchia e uguaglianza, paternalismo e fratellanza

 e in

 Ancora a proposito di "destra" e "sinistra" massonica: il caso del massone neonazista, razzista, tradizionalista e integralista cristiano Anders Behring Breivik, autore di stragi in Norvegia per conto di chi? Attenzione preventiva anche all'Italia (terra di stragismi vari irrisolti, ricordando che prevenire è meglio che curare) dove non mancano i neonazisti/neofascisti alla corte dell'illegittimo Gran Maestro del G.O.I. Gustavo Raffi ),

parlerà più diffusamente e analiticamente il Fratello Gioele Magaldi nel suo libro di imminente uscita, MASSONI. Società a responsabilità illimitata, Chiarelettere Editore (in libreria a novembre 2011).
Intanto, vogliamo aggiungere qualche ulteriore chiosa a questo interessante libro del Fratello Mola.
Concordiamo sul fatto che né Tina Anselmi né tutti i saggi e i consulenti che vennero interpellati o si pensava di interpellare da parte del governo prima e della Commissione  parlamentare d’inchiesta poi, erano adeguati culturalmente alla bisogna: e questo fu un tratto di indubbia superficialità e colpevole sciatteria da parte delle istituzioni, foriero della mal-comprensione, che tuttora perdura presso la pubblica opinione nostrana, tanto del fenomeno piduistico che della massoneria tutta.
Concordiamo anche sull’antimassonismo congenito (così lo definisce Mola) di Giovanni Spadolini (1925-1994), che nel febbraio 1944 aveva avuto l’impudenza, scrivendo per la rivista "Italia e Civiltà" di Barna Occhini e in passato avendo simpatizzato per il quindicinale “La Difesa della Razza” di Telesio Interlandi, di lamentarsi che il fascismo avesse ultimamente “perso la sua agilità e il suo dinamismo rivoluzionario, proprio mentre riaffioravano i rimasugli della massoneria, i rottami del liberalismo, i detriti del giudaismo…”: quella di Spadolini, del resto, è la storia di molti illustri italiani della prima repubblica, passati disinvoltamente dal fascismo al comunismo o ad altri approdi ideologici, dal razzismo antisemita a più convenienti teorie sull’umana convivenza nelle società democratiche, liberali e pluraliste.
E se questo trapasso fu possibile, anzi necessario, va pur detto ad alta voce, fu proprio grazie alla tenace lotta di diversi massoni anglo-americani (Fratello Franklin Delano Roosevelt e fratelli statunitensi del suo staff e del Dipartimento di Stato in testa) che, a differenza di massoni italioti come Alceste De Ambris, Italo Balbo, Cesare De Vecchi, Emilio De Bono, Michele Bianchi, Giuseppe Bottai, Roberto Farinacci, Raoul Palermi e tanti altri (tutti confluiti allegramente nel Fascismo sin dalla prima ora) mai persero la consapevolezza della distinzione tra fratellanza e cameratismo, tra libertà e licenza del più forte e violento, tra uguaglianza universale e solidarietà elitaria tra oligarchi, tra democrazia e demagogia populistica.
Di certo non vediamo molte analogie fra la Weltanschauung massonica di Licio Gelli e quella di un Montesquieu, di un Voltaire, di un Washington, di un La Fayette, di un Brissot, di un Garibaldi, di un Carducci prima maniera, di un Giovanni Amendola, di un Meuccio Ruini: ne troveremmo invece di molto profonde con muratori illiberali e antidemocratici alla Roberto Farinacci o Raoul Palermi…
Tornando a Giovanni Spadolini, comunque, tutto vero il suo giovanile antimassonismo, il piglio illiberale e persino antigiudaico dei primi anni ‘40, tuttavia va ricordato che si trattava dello stesso Spadolini che, nel 1981 (allorché divenne Presidente del Consiglio), era molto amico del compagno di partito (repubblicano) Armando Corona.
E Armando Corona, com’è noto, prima come Presidente della Corte Centrale del G.O.I. nel 1981, poi come Gran Maestro di Palazzo Giustiniani tra 1982 e 1990, si farà artefice di un generale processo di pseudo-rigenerazione anti-piduista della Comunione giustinianea, retoricamente sbandierato ai quattro venti.
Per riassumere, tra 1982 e 1990, regnante Corona, a parte il sacrificio di Licio Gelli, Umberto Ortolani e pochi altri, a parte il manierismo antipiduistico di facciata, sarà un’epoca felice per la Libera Muratoria italiana tutta e anche per i fratelli piduisti, quasi tutti proficuamente riciclati all’interno del regime. Senza contare l’elezione nel 1985 alla Presidenza della Repubblica e la durata in carica fino al 1992 del filo-massone Francesco Cossiga, ottimo amico di Armando Corona, alla cui corte, dopo l’apprendistato con Licio Gelli, muoveva i suoi passi il Fratello Silvio Berlusconi insieme ai sodali Flavio Carboni e Giuseppe Pisanu.
Dunque, quando Aldo Mola sostiene che, dopo quel 1981, “nulla fu più come prima”, non dice una cosa esatta.
Non solo gli ex-piduisti vissero per tutti gli anni ’80 una stagione d’oro, tra politica e affari, ma a partire dai primi anni ’90, per mezzo del Fratello più brillante, Silvio Berlusconi, trovarono anche il modo di fare del Piano di Rinascita Democratica il modello ispiratore del programma di Forza Italia.
Quanto a Tangentopoli (1992-94) appare persino superfluo ricordare che l’anomalia non stava tanto nell’accertamento di un generale quadro corruttivo (che, ad oggi, nel 2011, si scopre immodificato) dei partiti e delle imprese, ma nel fatto che, dopo decenni di insabbiamenti da parte delle procure e di conseguente impunità generale, la contingenza internazionale (caduta del muro di Berlino nel 1989, fine della Guerra Fredda nel 1991, Trattato di Maastricht nel 1992, etc.), indebolendo i partiti tradizionali di governo, consentiva ai magistrati più libertà di azione nel compiere il proprio ordinario dovere, che consiste nel perseguire i reati, anche dei potenti  (a prescindere dal fatto che vi fu chi, in Europa, negli USA e altrove, seguì con interesse quello che stava accadendo in Italia).
Il presupposto di Mani Pulite erano le troppe mani sporche e non un perfido complotto bolscevico fuori tempo massimo (l’URSS non c’era più, grazie al Grande Architetto…).
Inoltre, nell’immediato, come dicevamo sopra, a profittare della caduta del “grande centro” pentapartitico furono Forza Italia, Lega ed Alleanza Nazionale.
E la sinistra?
Francamente, sia nel 1993 che nel 1996-2001 o nel 2006-2008, non ci sembra che i vari governi di centro-sinistra abbiano percorso sentieri rooseveltiani o keynesiani, o addirittura di socialismo avanzato: un po’ per le contingenze storiche (entrata nell’eurozona), un po’ per ragioni macropolitiche e macroeconomiche varie (su cui converrà soffermarsi in futuro), furono attuate politiche di privatizzazioni e riduzione dell’intervento statale in economia, di contrazione nelle politiche di sviluppo e sostegno, nel welfare e nella generale assistenza alle famiglie e alle classi più disagiate.
Tutte politiche solitamente di “centro-destra”, pienamente confermate (in barba ai proclami retorici e populistici di giustizia sociale e riforme magnifiche e progressive) dai vari governi Berlusconi succedutisi nel tempo (1994-95, 2001-2005, 2005-2006, 2008 ad oggi).
Dice Mola che “tra il 1981 e il 2008 il debito pubblico è balzato dal 57% al 107% del prodotto interno lordo”.
Vero.
Ma, intanto la maggiore crescita del deficit e del debito pubblico di questi trenta anni si è registrata sotto governi del “grande centro” negli anni dal 1981 al 1992 (e non è detto che ciò sia stato un male, al netto della gravissima corruzione e degli ingentissimi sprechi, visto che quello fu un periodo d’oro dell’economia italiana) e della riedizione del “grande centro”, con i governi del piduista Berlusconi per un totale di altri 10-11 anni (senza tuttavia che questi siano stati anni “felici” per l’economia e la società italiana).
Inoltre, ma qui il discorso sarebbe lungo e quindi lo posticipiamo, il problema del debito pubblico e del deficit di bilancio italiano è divenuto davvero drammatico soltanto a partire dal 1999-2002, anni di entrata in vigore e poi in circolazione della valuta euro.
E ciò, non tanto in virtù del famigerato Patto di stabilità e crescita (PSC) statuito con il Trattato di Maastricht (1992) e con il Trattato di Lisbona (2007), quanto in ragione del fatto che né l’Italia né gli altri paesi dell’Unione Europea hanno più una moneta sovrana.
Non ce l’hanno più né individualmente (lira, franco, peseta, dracma, marco, etc.) né collettivamente in quanto UE.
La valuta euro è senza sovranità, non appartiene a nessuna realtà statuale.
Perciò, i debiti in euro dei singoli paesi UE diventano un problema angosciante, facili vittime della speculazione sui titoli obbligazionari, cosa che non potrebbe accadere se si emettessero degli euro-bond e se un’Unione Europea rafforzata politicamente deliberasse la propria diretta sovranità sulla valuta emessa dalle varie Banche centrali su disposizione/autorizzazione BCE.
Viceversa, con un’unica moneta sovrana e buoni del tesoro europei (euro-bond), non solo sarebbe debellata l’attuale speculazione selvaggia ai danni di singole nazioni dell’Unione, ma anche l’aumento del debito pubblico e del deficit (a fini di sviluppo e rilancio dell’economia) sarebbero problemi molto relativi e temperabili con complementari politiche fiscali, per ragioni che qualunque esperto di economia conosce, anche se a molti banchieri e macro-speculatori privati (così come alle loro clientele politiche di destra e di sinistra) fa comodo il mantenimento dello status quo.
Per tornare al libro di Aldo Mola, GELLI E LA P2 fra cronaca e storia, comunque, siamo certi che l’autore, ad oggi, sarebbe almeno disposto a riconsiderare le affermazioni contenute nella quarta di copertina dell’edizione del 2009:

“Votato da un’ampia maggioranza, il governo presieduto da Silvio Berlusconi cerca di rimediare…”

Cioè cerca di rimediare a : “l’incertezza dei beni e dei risparmi, declino del’ordine pubblico, inefficienza di trasporti, sanità, istruzione, amministrazione della giustizia…”?
A più di metà 2011, caro Fratello Mola, ci concederai che il bilancio dei rimedi (non) offerti dal governo presieduto da Silvio Berlusconi è più che fallimentare.
Come del resto era stato deludente nel lungo governo 2001-2006, la cui memoria negativa fu presto offuscata dall’ancor più inconcludente (e non per colpa di Romano Prodi, prigioniero di una pseudo-maggioranza sgangherata) governo di centro-sinistra del 2006-2008.
Su una cosa, infatti, Aldo Mola ha pienamente ragione, e cioè su un

Partito comunista italiano che, nelle versioni successive, assorbì le macerie della Democrazia cristiana e di partiti minori senza dar vita a una forza moderna, veramente occidentale e liberale…”.

In Italia manca da sempre una formazione politica di centro-sinistra autenticamente liberal-socialista o socialista-liberale, sinceramente democratica e laica, in grado di realizzare un NEW DEAL rooseveltiano, capace di contemperare insieme libera economia di mercato e saggio, incisivo, mirato e non sprecone intervento pubblico.
Libera economia di mercato, non privatizzazioni all’italiana in favore di amici degli amici cui svendere il patrimonio pubblico, non cartelli oligopolisti pronti a statalizzare le perdite e a privatizzare i profitti,  non oligarchie semi-monopoliste nell’ambito delle telecomunicazioni e delle principali industrie, non  un mondo delle professioni organizzate ancora secondo principi corporativi.
Intervento pubblico per rilanciare lo sviluppo, non consulenze d’oro per clientele interminabili, non pioggie di denaro per i banditi della sussidiarietà che, in nome del risparmio sui servizi resi dallo stato, erogano servizi che alla fine costano il doppio o il triplo ai contribuenti.
Intervento pubblico per rilanciare occupazione, redditi, consumi, commerci e industrie, con conseguente innalzamento della base imponibile e di gettito fiscale per le casse dello Stato (senza gravare i cittadini), non per ingrassare le varie mafie senza colletto e quelle dei colletti bianchi, che per consentire alla realizzazione di infrastrutture e opere varie gonfiano a dismisura i costi e intascano maxi-tangenti alle spalle della collettività.
Per dare un contributo alla costruzione di un simile Centro-Sinistra, liberal-socialista e rooseveltiano, alcuni fratelli di G.O.D., insieme ad altre cittadine e cittadini profani, hanno dato vita ad un Movimento d’opinione che, da qualche mese, inizia a far sentire la sua voce (e raccoglie consensi, porta a porta, testa a testa, dentro e fuori dai partiti): “Democrazia Radical Popolare” (sito ufficiale: www.democraziaradicalpopolare.it ).
Perciò, siamo concordi con il Fratello Mola sulla assoluta inaffidabilità dell’attuale centro-sinistra diviso, lacero e malcerto, egemonizzato da una pseudo-cultura post-comunista, post-democristiana e giacobina.
Quello su cui, ne siamo certi, vorrà convenire anche Aldo Mola, serio studioso e arguto intellettuale, è che la colpa del fatto che in Italia non esistono ancora un centro-destra e un centro-sinistra degni di questo nome, è anche da ascrivere alla latitanza di una Massoneria autorevole in quanto limpida e solare, capace di relazionarsi con lealtà e trasparenza alla società politica e alla società religiosa con un solido e fiero punto di vista, necessariamente meta-politico e meta-religioso, ma non per questo avulso dalle grandi questione della Polis che investono la dimensione civile, etica, culturale e spirituale di una comunità nazionale.
“La P2 non stava al Grande Oriente d’Italia come le Brigate Rosse al Partito Comunista”, come ama ripetere quel buontempone dell’Avvocato Primavera (al secolo Gustavo Raffi).
La P2 era parte integrante del G.O.I. (in questo aveva ragione Licio Gelli) e condivideva pienamente la Weltanschauung e il modus operandi di una libera muratoria italiana che, a partire dal Secondo Dopoguerra e fino ad oggi, si è occupata soprattutto di gestire potere e affari dietro le quinte, piuttosto che di concorrere a fronte alta nel dibattito politico-culturale del Paese, contribuendo cioè a definire, in termini aperti, limpidi ed espliciti, le linee guida intellettuali, etiche e spirituali della classe dirigente e dell’immaginario collettivo.
Così, la risposta adeguata alle arretratezze politiche, sociali e culturali dell’Italia del Dopoguerra non poteva essere la Loggia P2 con il suo Maestro Venerabile Licio Gelli, tanto retrivo e biecamente conservatore (altro che rinascita democratica) da essere persino contrario ad una legge di civiltà come quella che istituiva la facoltà del divorzio (legge del 1970, tentativo referendario di abrogarla nel 1974), rispetto alla quale contrarietà, numerosi fratelli liberali ottocenteschi del G.O.I. (che si erano battuti invano per legiferare in questa prospettiva) si sarebbero rivoltati nella tomba…
Né la risposta ai problemi del XXI° secolo in Italia poteva essere il Fratello Silvio Berlusconi, così attivo nel coltivare i propri occulti interessi esoterico-massonici prima con l’avvicinamento alla P2 nel 1974, poi con l’iniziazione nel 1978, quindi con la costruzione del suo mausoleo privato e della sua Villa La Certosa in Sardegna (dove simboli massonico-ermetico-astrologici la fanno da padroni), quanto subdolo e bugiardo nel minimizzare qualunque ascendenza massonica e nell’offrire supporto, per fini di potere strumentale, alla legiferazione clericale degli ultimi anni, direttamente ispirata dai settori più conservatori del Vaticano (legge sulla fecondazione e procreazione assistita, sul testamento biologico, impedimenti a quella sull’omofobia) e persino sostegno a quella cattolica border-line di Angela Pellicciari, il cui infame libercolo anti-risorgimentale (non a caso sponsorizzato anche dalla Lega Nord) Risorgimento da riscrivere. Liberali & Massoni contro la Chiesa, il Presidente del Consiglio della Nazione che si apprestava a celebrare i 150 anni della sua Unità, nel 2009 andò ad encomiare pubblicamente dinanzi ai giovani del PDL e ad una esterrefatta Giorgia Meloni.

Infine, tornando a bomba sull’intrigante libro di Aldo Mola, GELLI E LA P2 fra cronaca e storia, Bastogi, Foggia 2008-2009 (di recente in traduzione romena), a partire dal quale abbiamo sviluppato le nostre riflessioni, c’è stata un’illustre testimonianza resa pubblica lo scorso 4 giugno 2011 che, purtroppo, confuta e manda all’aria l’abile tentativo storiografico di Mola di presentare Licio Gelli come un ex-fascista da tempo convertito ai valori occidentali della liberal-democrazia, magari proprio grazie alla contaminazione culturale con ambienti massonici.
Chi è il testimone?
Licio Gelli in persona.
Intervistato nell’ambito di uno SPECIALE mandato in onda la prima volta da SKY TG 24 il 4 giugno 2011 alle ore 15.30, l’ineffabile Ex Maestro Venerabile della P2, chiamato ad esprimersi sull’attuale situazione italiana, dichiara senza tentennamenti che l’unica vera soluzione “per rimettere in ordine le cose” sarebbe quella di una dittatura di stampo nazista o stalinista (sic!), nemmeno fascista all’acqua di rose…
Ecco, appunto.
Alla faccia delle rassicuranti ermeneutiche moliane, così volgarmente destrutturate in un sol colpo dall’ingrato (nei confronti della generosa operazione di Mola) Ex Burattinaio in camicia nera e compasso.
La verità è che il Fratello Aldo Mola è un fior di intellettuale e galantuomo che, con il suo libro GELLI E LA P2 fra cronaca e storia (di cui raccomandiamo la lettura, perché si tratta di un saggio ricco di importanti suggestioni e ricostruzioni storico-sociologiche d’insieme) ha tentato innanzitutto un fiero e anti-conformistico atto di protesta adversus certa pregiudiziale demonizzazione della massoneria in quanto tale (e a questa operazione consentiamo e applaudiamo, oltre a concedere che essa è senz’altro ben fondata nelle pagine del volume).
Invece, il tentativo di riabilitare Gelli e la sua gestione della Loggia P2 (che Noi riteniamo uno degli epifenomeni della decadenza massonica italiana dal Secondo Dopoguerra ad oggi) si scontra con un dato di fatto ineliminabile: Licio Gelli, al pari di tanti altri gerarchi fascisti e nazisti emigrati in Sudamerica e in Spagna (o persino rimasti in Germania) è rimasto sempre un antidemocratico e un illiberale, costretto ad operare in tempi di democrazia (privatamente odiata) e solleticato da pulsioni golpiste (che per LUI non ci fu occasione di realizzare, mentre ALTRI le fecero eccome, specie in America Latina).
Licio Gelli, per quanto possa dispiacere al liberale Mola, ancora nel 2011 è rimasto quel ragazzo avanguardista in Spagna, nazifascista In Italia tra SS e RSI, con molte simpatie per il totalitario Stalin, simpatie che gli consentirono di trattare senza difficoltà con i partigiani comunisti nel 1944 e che negli anni gli fruttarono la fama di doppio-triplo giochista, diviso tra militanza con i servizi segreti occidentali, collaborazione con quelli sovietici o dell’est Europa, cura dei suoi privatissimi interessi.
Anche per questo è utile la lettura del libro di Aldo Mola, GELLI E LA P2 fra cronaca e storia: per riconoscere quanto è sottile il confine tra verità e verosimiglianza, fra auto-rappresentazione retorica (Piano di Rinascita Democratica e O.M.P.A.M., fondata da Gelli nel 1975 ) e finalità occulte di chi, in qualche modo, almeno fino al 4 giugno 2011  (intervista a SKY TG 24 e invocazione di una dittatura nazista o stalinista), ha ingannato e tentato di manipolare persino il suo più autorevole biografo.

 

I FRATELLI DI GRANDE ORIENTE DEMOCRATICO.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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